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Intervista a Samantha Di Prizito

Diamo il benvenuto nel salottino di Infinity Passions a Samantha Di Prizito autrice de Il circo eterno pubblicato da Dark Abyss Edizioni recensito oggi sul nostro blog.

Ciao Samantha vorrei iniziare questa chiacchierata chiedendoti di presentarti e parlare un po’ di te ai nostri lettori affinché possano conoscerti meglio.

Ciaaaao!

Innanzitutto, grazie per aver speso parte del tuo tempo per questa intervista. Te ne sono molto grata!

Io sono Samantha, più semplicemente Sam. Vivo in provincia di Modena, anche se il mio cuore appartiene al Regno Unito. Leggo da quando ne ho memoria e scrivo storielline più o meno spastiche dalla tenera età di sette anni, quando mi annoiavo in fretta e mettevo insieme personaggi e situazioni sconclusionate per il gusto di farlo. Cosa mi abbia fatto cambiare idea e mettere il cuore, oltre che l’impegno, nelle mie storie, non lo so, eppure…!

Sono un’amante del tè, dell’autunno e di Halloween. Mi piace la pioggia, odio il caldo con tutta me stessa e sono mamma di tre rattini e un cagnolino. Più, madre adottiva di due micine stupende.

Nel tempo libero, quando non traduco per Dark Abyss Edizioni, leggo sia libri che manga oppure gioco alla play; a volte mi diletto nella scrittura (o meglio, nel procrastinare sui miei piani di scrittura) e nell’editing dei romanzi delle altre persone. Se proprio ho il cervello fritto, guardo anime. Fra i miei preferiti: Fullmetal Alchemist, Nana, Fruits Basket, Evangelion, Black Lagoon e Shingeki no Kyojin.

– Solitamente ogni scrittore è anche un lettore. Quali letture prediligi? Ci sono degli autori e autrici che ti hanno ispirata nel tuo percorso di scrittrice?

Partiamo dalle letture che prediligo: sono una persona molto particolare, quando si tratta di romanzi. In generale, sono fan del realismo magico, delle storie con tematiche legate alla sfera della comunità LGBTIAQ+, in quanto parte della stessa, e con tinte malinconiche e pregne di angst e tristezza. Se ci pensi, il mio libro preferito è Una Vita Come Tante, che ha spodestato malamente Il Piccolo Principe dopo anni di primato indiscusso!

Leggo spesso in lingua, sia inglese che spagnola, ma non ho un genere ben preciso. Mi accontento di tutto, tranne della letteratura erotica, quella fantasy a sfondo epic o high perché sono un po’ tinca e spesso non capisco il sistema magico o mi perdo in un bicchiere d’acqua, finendo per annoiarmi, e il romance.

Gli autorə che per me sono auto-buy sono Mathias Malzieu, Erin Morgenstern e T. J. Klune.

Per quel che riguarda autorə che possono aver ispirato il mio percorso di scrittrice, eheh. Che domanda difficile. Non penso che ce ne siano, se devo essere sincera. La mia storia nasce come ex fanfiction, quindi in realtà non ho mai pensato a lei come a un potenziale romanzo fino a boh, tre anni fa? Quattro? E a quel punto, era davvero impossibile estrapolare un paio di nomi già affermati nel mondo della scrittura. Non mi è mai piaciuto paragonarmi ad altrə scrittorə già più o meno affermatə, in quanto penso di avere ancora molta strada da fare prima di ritenermi una scrittrice vera e propria, quindi spero non ti dispiaccia se non ho ancora una risposta a questa domanda. Magari fra qualche anno e fra qualche libro in più, riuscirò a rispondere!

– Il Circo Eterno è un romanzo in cui il protagonista Evan passa da una fase iniziale di chiusura interiore a una sempre maggiore consapevolezza di sé stesso e a una crescita personale che lo trasformerà da ragazzo in uomo. Quanto è stato difficile creare un personaggio così ben strutturato?

Evan è me, ma in versione maschile. È l’insieme delle mie insicurezze, delle mie paure e dei miei difetti più grandi. Non è stato facile strutturarlo, perché lavorare su di lui ha sempre significato affrontare una parte di me che non mi è mai piaciuta.

È anche vero che Evan è solo all’inizio di questo percorso. Come dicevo brevemente in uno dei miei post, Evan è eroe e antieroe, in quanto ha un arc evolutivo che poi scivola di nuovo nella tossicità. Lui è vittima di sé stesso e in qualche modo, in questo primo volume, deve imparare ad arrendersi alle cose che non può controllare, come la giustizia divina.

Tuttavia, dal 2014, anno in cui questa storia ha iniziato a vedere la luce, il mio rapporto con Evan è cambiato. Lui continua a schifarmi ed è giusto così; io non riesco a vedermi senza di lui, non riesco a pensare a una vita in cui non ho occasione di conoscerlo. Attraverso Evan e il suo percorso, ho avuto la possibilità di conoscere meglio me stessa e lavorare su determinati aspetti di me. Senza contare il salto nel vuoto che ho fatto riguardo la mia salute mentale, appunto appoggiandomi al coraggio che Evan ha sempre dimostrato. Lui rimane un codardo di fondo, pauroso e insicuro, ma almeno ci prova, anche se fallisce o se sbaglia; non vedo perché io non possa fare lo stesso.

A oggi, fra me e lui c’è dialogo e tanto mi basta, perché si sta aprendo, si sta facendo capire e ascoltare, cosa che prima non aveva mai fatto.

Per quanto difficile affrontare questi aspetti negativi e queste debolezze attraverso Evan, è anche vero che costruirlo e scrivere di lui è semplice come respirare, perché appunto è una parte inscindibile del mio essere. Fra tutti, credo che sia il personaggio di cui mi riesce più semplice scrivere perché la sua voce è chiara e forte, soprattutto negli ultimi tempi.

– Ogni capitolo è contrassegnato nel titolo da una carta, una figura dei Tarocchi o delle carte napoletane e da un’introduzione che svolge la funzione (come il coro nelle tragedie greche), di spiegare ciò che sta per accadere. Ho trovato interessante questo escamotage narrativo. Come si è sviluppata questa idea?

Non ci sono riferimenti carte napoletane, nel mio romanzo, dal momento che non le conosco. E lo specifico sia per non fuorviare, sia perché non essendo pratica dei mazzi napoletani, non vorrei che lə lettorə si creassero aspettative che poi non vengono corrisposte o che vengono corrisposte male. Da lettrice, posso garantire che è una delle cose peggiori che possano accadere.

In ogni caso, la mia ispirazione principale è stato un mazzo di tarocchi che mi è stato regalato da una personcina speciale. È il mio mazzo di riferimento, quello che uso per fare le letture ogni tanto, che vorrei usare come trampolino di lancio per imparare nel modo giusto a leggere le stese. Si chiama Shadowscapes Tarot Deck e ha colori pastello e creature che ricordano il Piccolo Popolo; è un mazzo legato molto alla natura e al mondo animale, ma con tinte fantasy e gentili, che mi dà molto le vibes di Fantasia e Fantasia2000 della Disney. Forse non il trampolino di lancio perfetto per imparare, in quanto i disegni sono molto elaborati e pieni di dettagli, ma va bene così. A me le cose semplici non piacciono.

L’ispirazione per l’escamotage è venuta mentre stavo facendo una stesa per me stessa e alla fine ho pensato che sarebbe stato molto carino associare a ognuno dei personaggi uno degli Arcani Maggiori. Da lì, poi, si è dipanato il resto. Quello che accade in ogni capitolo è alla fin fine il centro, il cuore di ognuna delle carte. Non penso che ci sarebbe stata altra soluzione se non quella di usare il resto degli Arcani come filo conduttore del tutto. L’introduzione con le due righe è semplicemente per chi non è ferratə nel mondo dei tarocchi e la lettura degli stessi; un piccolo accenno di significato che, a mio parere, va a donare quel qualcosa in più nell’atmosfera del capitolo in sé.

Io non sono una fan del “capitolo uno”, “capitolo x” ecc. Preferisco titoli creativi, qualcosa di meno formale, che si leghi alla storia e alla vicenda. Alla fine, un libro è il prodotto finito di tanti piccoli elementi e dettagli che si legano insieme, no? Mi piace la coesione, la coerenza anche a livello grafico. Sono i dettagli che mi rimangono impressi, che mi fanno innamorare e che, a mio parere, rendono un romanzo ancora più unico.

Però devo riconoscere che questo lampo di genio sia arrivato solo a storia completa, prima che la impaginassi per pubblicarla in self, e che capire quale carta appartenesse a quale capitolo sia stata una sfida non indifferente. Una faticaccia, davvero, ma che ha ripagato soprattutto con questa seconda pubblicazione con Dark Abyss Edizioni, quando Madre Corva ha fatto la sua magia.

– I riferimenti all’antichità classica ne Il Circo Eterno sono legati alla presenza di note figure mitologiche. La mitologia sta vivendo un momento di grande successo grazie a numerosi retelling. Cosa ti ha spinto ad utilizzarla per il romanzo? Come ti spieghi questo interesse?

Ti dirò forse una cosa che ti stupirà tantissimo, ma… io odio i retelling ahah. Non mi piacciono affatto, ne leggo ben pochi e scelti, che si rifanno a miti o storie dimenticate o poco conosciute (conosci Il Lago dei Cigni? Non il cartone, bada bene. Oppure The Lady of Shalott? Ecco). La mia libreria personale ne conta forse tre, quattro al massimo.

Tutto quello che compare nel libro è lì per una ragione. Citando Mamma Corva: non esistono le coincidenze. Quando ho riscritto Il Circo Eterno per la millesima volta, dandogli poi la forma definitiva, il mio pensiero non è mai andato a “voglio scrivere di mitologia.”

L’aspetto mitologico è stato un mezzo per raccontare una storia. Mi serviva qualcuno che governasse il tempo, il caos, il destino e l’universo. Non sono ferratissima in materia di mitologia, tant’è che ho alzato le mani fin da subito specificando che mi sono presa un paio di licenze poetiche qui e là, quando si è trattato di dare forma e spessore a queste creature. Volevo dare loro un tocco mio, personale, che fosse in armonia con la storia. Perciò ho fatto quello che ho sempre fatto fin da quando scrivevo fanfiction nel fandom dei One Direction: ho preso elementi ben conosciuti, con i loro tratti principali, e li ho piegati alla mia fantasia.

Per quel che riguarda nello specifico gli aspetti del mio romanzo, di sicuro quello a cui sono più affine è il circo. Volevo infatti una storia che fosse ambientata lì, ma che portasse il lettore a sospendere le credenze, come diceva Coleridge. Per farlo, ho dovuto prendere elementi verosimili, qualcosa a cui le persone fossero legate e con cui avessero familiarità. Ecco perché si è inserito non solo l’aspetto sovrannaturale, con le anime e gli spiriti, ma anche quello della mitologia, con creature più dinamiche e più attive, se vogliamo, in grado di interagire davvero con il mondo e cambiarne le sorti.

Come vedi, a me piace sperimentare e piegare le regole, eheh.

– In questo fantasy la presenza femminile è ridottissima, per non dire inesistente. Come mai hai scelto di scrivere un romanzo “maschile”?

AHAHAHAH! Rido tantissimo perché questa è una critica/osservazione che mi ha fatto la ragazza che fece editing alla storia prima che la pubblicassi in self e un aspetto del libro che, fino a quel momento, non avevo mai notato.

In realtà non c’è un perché. Semplicemente, i personaggi si sono introdotti da soli e hanno preso la forma di individui che si identificano nel genere maschile. Io li ho lasciati fare, dando loro lo spazio e la voce di cui avevano bisogno, senza mai pormi il problema. Questa era una storia che andava raccontata al maschile, una storia in cui avrei messo alla luce le debolezze di chi viene ritenuto una roccia, sempre forte e incapace di farsi toccare dagli eventi che accadono loro attorno. Volevo mettere in luce anche questo: che non sono solo le donne a essere fragili, ma gli esseri umani nel loro complesso, a prescindere dall’identità in cui si rivedono e dai pronomi che usano. Solo che questa è una riflessione che ho fatto postuma alla pubblicazione del libro, quando ho avuto modo di lavorare sul testo con Sonia e discutere determinati aspetti e scelte.

Non mi è mai pesato, però quando ho dovuto dare questo romanzo a Emanuela e, successivamente, quando è passato nelle mani di Sonia, la mia editor, ho ripensato a quello che aveva detto la mia amica. Aumentare la presenza femminile avrebbe stravolto troppo la storia, che volevo mantenere fedele all’originale nonostante i difetti e gli eventuali punti deboli, perciò abbiamo provato a dare loro un ruolo più attivo, che risaltasse nei momenti giusti e che rimanesse impresso nella mente e nei ricordi dellə lettorə. Ci siamo riuscite, io e Sonia? Non lo so. Lo spero.

Posso dire, però, che da quel momento sto sperimentando. Ho provato a scrivere/abbozzare qualche storia inserendo un personaggio femminile come protagonista e sto cercando di giostrarmi nella sua costruzione e nel modo in cui si muove e interagisce con l’insieme. Il mio work in progress ha una presenza femminile abbastanza bilanciata, per esempio. Non posso negare che, nonostante tutto, continuo a prediligere voci narranti e punti di vista maschili a quelli femminili sia nella scrittura che nella lettura (riguardo la lettura, tra l’altro sono ben poche le protagoniste femminili che mi piacciono e che stimo).

– Ho trovato originalissima l’idea dei bottoni legata alle anime, il soprannaturale ti affascina? Credi che esista un aldilà?

Io credo nel sovrannaturale e ho avuto anche qualche esperienza in merito. Non penso di credere nell’Aldilà in senso biblico, né che ci sia vita dopo la morte inteso come un regno, una dimensione in cui si va per vivere in eterno come esseri incorporei.

Forse c’è qualcosa, c’è una dimensione sospesa dove l’energia e lo spirito rimangono in attesa, ma non posso saperlo con certezza. Sono ancora viva, dopotutto. Ti vorrei anche dire che sono curiosa di sapere cosa c’è dopo la vita, se c’è qualcosa dopo la vita, ma mentirei.

– Evan e Rian, l’amore che dura per l’eternità, perché chi si ama si ritrova sfidando le leggi del tempo. L’amore è un grande mistero. Sei riuscita a dare profondità a questo rapporto facendoci percepire le emozioni dei due giovani. È stato difficile lavorare su questo aspetto?

Sì, è stato parecchio difficile. Io sono sempre stata allergica all’amore. L’ho sempre snobbato e schifato, perché ho sempre creduto di non averne bisogno. Ora sono in una relazione stabile, felice e capisco ogni aspetto di questo sentimento, ma prima… Ahahah, prima ero Sheldon Cooper in persona, quando spruzza roba in giro per ammazzare i germi. Solo che, nel mio caso, i germi erano l’amore e il romanticismo. Ora so che è per via del mio orientamento sessuale e romantico, ma all’epoca non avevo abbastanza conoscenza in merito per sentirmi in pace con me stessa e accettare che, per certi aspetti, funziono in modo diverso rispetto gli ideali e i canoni della società e che va bene così.

È stato difficile perché comunque si trattava di un sentimento che io non volevo ascoltare, come Evan; un sentimento che temevo e che credevo di non meritare perché non lo capivo e non lo apprezzavo, al punto che mi sono autoconvinta di non volerlo e di non averne bisogno. Credo che questo rifiuto non mi abbia permesso di esplorare a fondo e come avrei voluto questo aspetto del libro. Certo, l’affetto si percepisce, l’amore e la devozione anche, ma non tocco mai più a fondo della superficie quello che l’amore rappresenta davvero per entrambi. All’epoca, l’idea mi terrorizzava e penso che si veda nel modo in cui Evan approccia la sua realtà. Però, come tutti gli aspetti difficili di questo romanzo, anche scrivere di amore mi ha insegnato tanto.

Alla fine, tu non dimostri alla tua dolce metà di amarla solo dicendo “ti amo” e tenendolə per mano o baciandolə, dico bene? Lo fai con le piccole cose, con le piccole attenzioni che dimostri ogni giorno, con la tua presenza e il tuo supporto e la fragilità che metti in mostra quando sei con ləi. Spero che al lettore arrivi almeno questo, che l’amore sarà anche un mistero e non sempre semplice, ma le piccole cose condivise e l’umiltà, il rispetto e la fragilità sono la più grande dimostrazione di fiducia e di amore esistenti.

– Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Hai qualche idea su un prossimo romanzo?

Qualcosa bolle in pentola, sì.

Ho un romanzo pronto, fatto e finito, a cui devo apportare ancora un paio di modifiche. A quel punto, deciderò con il suo protagonista se sarà il caso di fargli vedere la luce o meno. È un progetto a cui tengo un sacco, che chiuderebbe un arco di crescita, ma è anche molto intimo e personale e devo essere psicologicamente pronta per mostrarlo al mondo. Se possibile, è molto più fragile e intimo de Il Circo Eterno.

Ho anche un work in progress, come dicevo prima, a cui lavoro a tempo perso, ogni volta che ho occasione di aprire una finestra di dialogo con quei disgraziati dei personaggi, più difficili di Evan per via della loro dinamicità e il loro approccio alla vita (non schifano tutti e non cercano attivamente di fare danni; al contrario, vogliono fare la cosa giusta… Tu riesci a crederci?). L’idea alla base di questo progetto è già stata delineata nel dettaglio e sto cercando di legare insieme i vari aspetti, di dar loro coerenza. Sono molto entusiasta e gasata all’idea di quello che sarà il risultato finito, anche se sto lavorando per contenere quelle bestiole, che hanno capito quanto è bello plasmare la storia secondo il loro volere e non il mio.

Poi in realtà avevo un altro paio di progetti nel cassetto, ma dovrei rispolverare un mucchio di roba che al momento è dispersa nei cartoni del trasloco di sei anni fa, quando me ne sono andata in Inghilterra e ho lasciato la mia roba indietro. Quindi, invece di fare il mio dovere, traduco cose belle per Dark Abyss Edizioni e lascio che il mio partner in crime faccia memes che mi fanno piangere ed emettere versi disumani da tanto che sono belli e accurati.

– Infine l’ultima classica domanda: quali sono i 5 libri che porteresti con te su un’isola deserta?

Ah, che brutta domanda. Come chiedere a una madre qual è il preferito tra i figlioli. Oppure, nel mio caso, chiedere chi è il mio preferito fra i rattini.

Sicuro porterei la trilogia di All For The Game. Forse solo il secondo e il terzo libro, i miei preferiti. Mi stamperei anche un volume apposta con tutte le mie fanfiction preferite, per saziare il mio bisogno di angst, se devo essere onesta.

Poiii… Oh, sì! La trilogia di Micah Grey, di Laura Lam. Forse questa trilogia risponde anche alla domanda di prima: penso sia stata Laura Lam a farmi capire che potevano esserci storie di forza che nascono dalla debolezza e dalla paura, che non sempre questi sentimenti sono solo distruttivi. Penso che senza di lei, la storia di Evan non avrebbe mai preso la forma che ha preso oggi.

E penso che siano questi, i cinque libri: The Raven King, The King’s Men di Nora Sakavic e Pantomime, Shadowplay e Masquerade di Laura Lam.

Un po’ di sano trash/comfort read e una delle storie più belle, originali e rivoluzionarie che io abbia mai letto in vita mia.

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Blog Tour – L’ uomo dei campi – Patty Li Vecchi – La playlist

Cari lettori,

Con molto piacere vi presento il Blog Tour organizzato da Flavia’s Diary su L’ uomo dei campi di Patty Li Vecchi  a cui partecipiamo con grande piacere.  Le tappe le trovate nei banner.

In questo nostro approfondimento vi presento la playlist di alcune delle canzoni che sono citate nella biografia e altre che il protagonista era solito ascoltare. Potrete farvi accompagnare anche voi dall’ascolto durante la lettura.

Ecco la playlist:

1.ciuri ciuri (canto popolare siciliano)
2.volare – D. Modugno
3.balocchi e profumi – Luciano Tajoli
4. Un amore così grande – Claudio Villa
5. Chitarra romana – C. Villa
6. Arrivederci Roma – C. Villa
7. Terra straniera – C. Villa
8. Serenata Celeste – C. Villa
9. Violino tzingano – Luciano Tajoli
10. Buongiorno tristezza – L. Tajoli
11. Quel mazzolino di fiori – L. Tajoli
12. Serenata celeste – L. Tajoli
13.parlami d’amore Mariù – L. Tajoli
14. Vola colomba bianca vola – L. Tajoli
15. La lontananza – D. Modugno

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Segnalazione – Il monarca pallido – Alessio Filisdeo

 

 

Il monarca pallido

 

Eva è unica. Tramite esperimenti esoterici di inenarrabile tormento la loggia degli Uomini Gufo l’ha resa una Dea, un essere immortale attraverso cui perseguire sogni di smodata grandezza. Ma che accade quando una simile creatura sceglie di ribellarsi ai suoi creatori? Attraverso secoli, epoche e imperi, Eva consacrerà la sua eterna esistenza allo sterminio di coloro che la misero in catene, mostri all’ombra della storia tramano il dominio assoluto e il ritorno degli Antichi. L’apocalisse incombe e il Monarca Pallido osserva in attesa.

Alessio Filisdeo
Dark Abyss Edizioni
2023
23 febbraio 2023
168 p., ill. , Brossura
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Intervista a Carmine Mari

Diamo il benvenuto nel salottino di Infinity Passions a Carmine Mari autore de Il fiore di Minerva edito da Marlin editore recentemente recensito sul nostro blog.

Buongiorno Carmine le do il benvenuto sul nostro blog.

La prima domanda che le pongo permetterà ai nostri lettori di conoscerla meglio. 

Chi è Carmine Mari e come è nata la sua passione per la scrittura?

Fin da bambino ho sempre nutrito grande curiosità verso la pagina scritta, nonostante non avessimo una libreria vera propria. Una dozzina di numeri di Storia Illustrata, qualche romanzo d’avventura pieno di orecchie, antologie scolastiche e due biografie di santi. In compenso c’erano i Tex di mio zio, dal n.1 al 100, storie rilette decine di volte: foreste, laghi, canoe indiane e posti lontani. (altro…)

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Intervista a Giuseppe Franza

Diamo il benvenuto nel salottino di Infinity Passions a Giuseppe Franza autore de I tre esorcismi di Rafilina da Torrecuso, recentemente recensito sul nostro blog.

Buongiorno Giuseppe la ringrazio per aver accettato la nostra intervista. 

Grazie a lei per il tempo dedicato al romanzo. (altro…)

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Segnalazione – La regina di Tebe – Annamaria Zizza

In uscita venerdì 10 marzo in tutte le librerie italiane il volume
di Annamaria Zizza che inaugura la collana di romanzi storici “Vulcano”

LA REGINA DI TEBE

Rimasta vedova del faraone Tutankhamon, la giovane e bellissima moglie Ankhesenamon invia una missiva al re degli ittiti ideando un piano per garantire la discendenza e dando l’avvio ad una storia piena di intrighi, amori proibiti e avventure

La storia inizia a Tebe, capitale dell’Egitto, nel XIV secolo a.C. La bellissima e giovane regina Ankhesenamon, vedova di Tutankhamon e senza figli, nel tentativo di pacificare il suo Paese e di dare un erede al suo regno, fa una mossa pericolosa e spregiudicata: ordina allo scriba Menthuotep, un babilonese dal passato oscuro e doloroso, di inviare una lettera al re degli ittiti, affinché le lasci sposare uno dei suoi dieci figli.  Dell’iniziativa vengono lasciati all’oscuro sia il potente visir Ay, che il generale Horemheb, che ambiscono al trono. Gli Ittiti sono sorpresi dal contenuto della lettera: pensano a una trappola da parte degli egizi e temporeggiano, ma alla fine vengono convinti da Menthuotep, inviato dalla regina in qualità di ambasciatore, e accettano la proposta. Aspettano da tempo di conquistare l’Egitto. Sanno di essere più forti in battaglia perché conoscono il segreto della tempratura del ferro ancora ignoto agli altri popoli, che continuano a forgiare il bronzo per costruire le loro armi. Il re ittita, che ha sposato la babilonese Malnigal, esperta di magia nera, pericolosa quanto ambigua, invierà uno dei suoi figli, Zannanza, ma la conclusione della vicenda sarà sorprendente per tutti i protagonisti. (altro…)

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In libreria a febbraio

In libreria questo mese:

ELETTRA – JENNIFER SAINT

Elettra - Jennifer Saint - copertina

 

Da sempre la guerra è stata solo materia di uomini e delle loro eroiche gesta. Ma chi ha dato dignità alle vittime nascoste e ignorate? In questo romanzo sono proprio le voci di tre donne messe al margine a descriverci il dolore, la rabbia e il desiderio di rivalsa di chi il campo di battaglia lo vive da lontano, ma con la stessa intensità e con altrettanto ardore. Clitennestra assiste sgomenta al sacrificio della figlia Ifigenia, ordinato dal suo stesso marito Agamennone per propiziare la partenza della flotta greca; poi Cassandra, sacerdotessa di Apollo, condannata a prevedere il futuro senza mai essere creduta e ad assistere impotente alla caduta della sua città; e infine Elettra, figlia minore di Clitennestra e Agamennone, che attende con ansia il ritorno del padre e cova rancore verso la madre, fino a compiere un gesto estremo di sfregio e vendetta. Pagina dopo pagina, le vediamo cambiare e diventare protagoniste delle proprie storie, lottando con forza e determinazione per dimostrare il loro valore, opponendosi alla gloria degli eroi e alla volubilità di uomini e dèi. Dopo il brillante esordio con Arianna, Jennifer Saint ci ammalia con una nuova rivisitazione del mito: una storia di violenza e ribellione, legami profondi e destini da scrivere. (altro…)

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Sanremo – quarta serata – le cover

 

 

Eccoci al resoconto della quarta serata, ma molte canzoni non erano proprio delle cover quanto una riproposta delle proprie vecchie canzoni. Che senso ha? Ognuno tragga le sue conclusioni.

Buona lettura.

Olly e Lorella Cuccarini – 1
In ogni Sanremo c’è un momento più basso in assoluto, quello dove si arriva a toccare il fondo in un modo che non è più possibile neppure raschiare.Olly di Olly e Benji ( d’accordo quello era Holly) con una temeraria Cuccarini che a 57 anni abbandona il ruolo di maestra di danza e torna sul campo in uno dei suoi pezzi cult.
Già la canzone poco aveva a che fare col rap ma il tentativo di rispolverare dopo 35 anni la stessa coreografia mi è parso francamente imbarazzante. (altro…)

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Sanremo – Seconda e terza serata – le pagelle

 

 

Sanremo seconda e terza serata, le pagelle. Anche per queste serate il nostro collaboratore ha stilato una sua valutazione di alcuni degli artisti in gara.

Seconda serata Sanremo seconda e terza serata le pagelle

Sethu – 3
Canta Cause perse ed il titolo non poteva essere più propedeutico perché più perse della sua di cause ne vedo poche.
Ad un certo punto prende il chitarrista e sembra volergli dare una microfonata sul muso, al che io penso “Ecco che ora questo sbrocca come Blanco”.
Invece fortunatamente è un falso allarme. (altro…)

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Sanremo – Prima serata le pagelle

Sanremo – Prima serata le pagelle. In questi giorni si parla solo di Sanremo e allora in accordo con il mio collaboratore che da molti anni fa un suo resoconto ironico che è da considerare assolutamente personale, non vuole togliere nulla alla critica musicale e ai gusti di chi legge, vi lascio con le sue pagelle.

Chiara Ferragni – 0
Se ancora qualcuno dubitava del fatto che un conto sono i social e altro condurre uno show beh da stasera ogni dubbio sarà stato fugato.
Nonostante legga per tutta la serata riesce nell’eroica impresa d’impappinarsi in mondovisione, sbagliando le parole, sovrapponendo Morandi, rinverdendo i vecchi fasti del mitico quartetto dei figli d’arte nell’indimenticabile Sanremo 1989.
Almeno quelli ebbero il buongusto di sparire poi dalla circolazione, lei invece da lunedì ce la ritroveremo su Instagram a reclamizzare profumi, balocchi, e maritozzi…insomma brutte storie.

Coma Cose – 3
Già partono entrambi da una base di bruttezza non indifferente, in più si truccano male e si vestono peggio il che tende ad inguaiarli ancora di più.
La canzone, a detta loro, dovrebbe parlare di una crisi di coppia che sono riusciti a superare.
E non è difficile crederlo anche perché lasciarsi ed andare alla ricerca di due brutti almeno altrettanto non mi sembra oggettivamente opzione praticabile.
Il pezzo comunque mi sembra modesto, ricalca quello del 2021, in pratica è uguale, e mi chiedo quindi perché non accontentare i Jalisse che da 25 anni bussano invano alla porta di Sanremo e che almeno sentimentalmente non mostrano tentennamenti.

Ariete – 3
Ariete, che da oggi sappiamo non essere soltanto un elettrodomestico ma pure una cantante, si presenta con un look che intenderebbe, forse, definire quello che vogliono e sentono i giovani d’oggi… stendiamo un velo.
Da qualche parte ho letto “ecco spiegato perché stasera Ariete non indossava il cappello”
E meno male perché con quella giacca ci mancava giusto il cappello.
Il pezzo è di Calcutta, un altro buono, non sembra di difficile esecuzione ma lei riesce a stonare.
Insomma performance da dimenticare e non raccontare un giorno ai nipotini.

sanremo la prima serata (le pagelle)

Anna Oxa – 4
Look non pervenuto, in tanti hanno detto voleva imitare Madonna in Frozen, io neppure Frozen il film ho presente ed è uscito l’altro ieri figuriamoci il video di Madonna.
Ci vuole un minuto e mezzo buono per comprendere la prima parola ed è Libera, il titolo Sali forse era un’esortazione ad un traduttore simultaneo a salire sul palco per spiegare il testo.
Purtroppo non credo ci siano eliminazioni e quindi la condanna è dovercela tenere fino a sabato ma d’altronde ci fossero state le eliminazioni temo che a sabato ci sarebbero arrivati solo Amadeus e Morandi.

Mara Sattei – 5
La voce ci sarebbe pure ma la canzone è di un insulso senza limiti, lei ci prova, anche con una mise che lascia poco spazio all’immaginazione e una serie di tatuaggi improbabili.
Di questa esibizione però si ricorderà soprattutto il suo gesticolare, ad un certo punto alza un dito in alto che sembra l’imitazione di Fra Cristoforo quando dice a Don Rodrigo “verrà un giorno”…..quasi quasi la preferivo quando faceva finta di ballare il twist nel tormentone estivo La dolce vita con Fedez.

Cugini di Campagna – 5,5
Il titolo, lettera 22 non si capisce se è un omaggio a Gervaso e Montanelli o cos’altro.
Loro riescono nell’impresa titanica di presentarsi con una canzone non trash a Sanremo dove il trash ci starebbe come l’uovo nella carbonara.
E la cantano bene, almeno le parole si comprendono e di questi tempi non è scontato, solo un appuntino per quel look dove sembrano i fratelli sfigati, con le parrucche, dei Rockets caduti a strapiombo sul set dell’ultimissimo sequel di Guerre stellari.

Gianluca Grignani – 5/6
La canzone ed il testo non sarebbero per niente male, l’arrangiamento orchestrale è forse il più bello ascoltato sinora, peccato che lui proprio non arrivi, certo si ricordasse pure di essere un cantante e non un miracolato tornato ad esibirsi allora a “Quando ti manca il fiato” non verrebbe voglia di rispondere “Non cantare”

Pooh – 6
Sufficienza più alla carriera che altro, la mia sensazione è che Facchinetti faccia ormai una fatica immane a cantare dal vivo, a tratti pare quasi balbettare e sempre se va bene e non prende proprio le stecche.
Certo di belle canzoni ne hanno anche fatte ma quando non riesci a cantarle più che un live sembra un accanimento terapeutico.
E gli orchestrali che fanno la ola completano il quadretto da gerontocomio, per non parlare dei lumini in piccionaia che fanno una tenerezza che nemmeno il dolce Remi.

Sanremo –  la prima serata (le pagelle).

Elodie – 6,5
Premesso che non azzecca una canzone dal 1941 e quel soprabito piumato poi ha un che d’imbarazzante, va detto che si atteggia da diva ma in mezzo a tanta penuria bisogna darle atto che un po’ lo sembra.
E, poi non c’è niente da fare, è una delle poche che riempie il palcoscenico oltre ad avere una bella voce e alla, ormai rarissima, capacità di far comprendere ogni parola del testo a chi ascolta.

Marco Mengoni – 7
Sono talmente pochi i cantanti veri anche quest’anno che, insomma, almeno premiamoli.
Ha cantato pezzi migliori ed è un fatto, ma si è presentato con look e abiti adatti al palco, ha cantato più che bene e vivaddio non è parso uno dei tanti topo gigi ballerotti che anche in quest’edizione hanno imperversato.

Gianni Morandi – 8
Ora va bene avere 50 e passa anni di carriera sulle spalle ma per mettersi ad intonare a cappella l’inno davanti al Presidente della Repubblica bisogna davvero averle belle solide le spalle.

Mattarella e Benigni – 10
E che Dio ce li conservi più a lungo possibile.

Massy

Sanremo – la prima serata (le pagelle).

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