La portalettere – Francesca Giannone – Nord

Recensione a cura di Massimiliano Mascalzi

La portalettere. «Francesca Giannone ci porta dentro un grande romanzo storico e di formazione, intessuto con maturità e sapienza, che parla a ognuno di noi nel modo in cui un frammento di vita contiene e può restituire il cosmo intero.» Io Donna «Giannone raccoglie i cocci di una vita attraversando trent’anni di memoria personale e storica, con caparbietà e delicatezza.» la Repubblica «La portalettere nasconde un’anima forte, quella delle storie marginali e salvate.» Tuttolibri – La Stampa – Nadia Terranova Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta? Persino a trent’anni da quel giorno, Anna rimarrà per tutti «la forestiera», quella venuta dal Nord, quella diversa, che non va in chiesa, che dice sempre quello che pensa. E Anna, fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all’amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, che si è innamorato di Anna nell’istante in cui l’ha vista. Poi, nel 1935, Anna fa qualcosa di davvero rivoluzionario: si presenta a un concorso delle Poste, lo vince e diventa la prima portalettere di Lizzanello. La notizia fa storcere il naso alle donne e suscita risatine di scherno negli uomini. «Non durerà», maligna qualcuno. E invece, per oltre vent’anni, Anna diventerà il filo invisibile che unisce gli abitanti del paese. Prima a piedi e poi in bicicletta, consegnerà le lettere dei ragazzi al fronte, le cartoline degli emigranti, le missive degli amanti segreti. Senza volerlo – ma soprattutto senza che il paese lo voglia – la portalettere cambierà molte cose, a Lizzanello. Quella di Anna è la storia di una donna che ha voluto vivere la propria vita senza condizionamenti, ma è anche la storia della famiglia Greco e di Lizzanello, dagli anni ’30 fino agli anni ’50, passando per una guerra mondiale e per le istanze femministe. Ed è la storia di due fratelli inseparabili, destinati ad amare la stessa donna.

 

RECENSIONE

“Era convinta che l’amore non avesse bisogno di troppe stanze né di camere da chiudere a chiave. Lo spazio fisico, quand’è troppo, aumenta anche la distanza tra i cuori: quando mai le principesse vivono felici nei castelli?”

Intendiamoci carino è carino, si legge d’un fiato, commuove il giusto, e parla d’amore non sconfinando nel melodrammatico, c’è persino un mix ben dosato fra personaggi simpatici e altri cui passeresti sopra col trattore (in grande amicizia sia chiaro).
Insomma si può leggere, in giro c’è anche di peggio senza entrare nei particolari, le note positive non mancano soprattutto se lo si approccia senza aspettative eccessive, io poi, figuriamoci, mi attendevo qualcosa ad alto tasso glicemico, una trama del tipo “la postina della Val Gardena bacia solo con la luna piena, uno a te, uno a me, yuke-lì yuke-lì oilè”, in fondo mi è andata di lusso.

Dietro questo romanzo c’è invece una storia che parte addirittura dal Covid, l’autrice in cassa integrazione rovistando in un cassetto scova un biglietto da visita della bisnonna portalettere nel Salento degli anni trenta (oddio i postini che girano col biglietto da visita francamente mi suonano strani pure oggi) e ha l’illuminazione… d’altronde che cos’è il genio se non, come argomentava il Melandri in Amici miei, fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione?
E quindi nasce La portalettere ovvero un romanzo storico che si svolge a cavallo della guerra (tra il 1930 e il 1961) ma non fa menzione della guerra.

Si perché la storia s’interrompe nel 1938 e riprende nell’aprile del 1945, come l’albo d’oro del Giro d’Italia praticamente, ma la cosa assurda è che i personaggi non sono stati minimamente scalfiti dal conflitto e li ritroviamo alle prese con la loro vita di sempre manco per sette anni avessero vissuto sotto la nuvoletta di Fantozzi.
In questi sette anni nessuno è partito per il fronte, nessuna ha fatto l’infermiera volontaria, non si parla di occupazione, bombardamenti, liberazione, di referendum tra monarchia e repubblica, elezioni del 48, piano Marshall, insomma il Salento sembra una vera e propria enclave ma di cosa non si sa.

La portalettere

Che uno potrebbe chiedere ma la sospensione d’incredulità dove me la metti? Assolutamente ma se mi fanno sparire da sotto gli occhi la seconda guerra mondiale senza neppure pronunciare sim sala bim come il mago Silvan potrò essere un tantinello inc….to alla maniera del Marchese del Grillo contro Aronne Piperno?

“Dai, Anna – disse Carlo ridacchiando – Non è un lavoro da donne. Cosa ci sarebbe di non adatto a una donna? – ribatté lei piccata. – È faticoso», rispose lui. – In giro tutto il giorno con la pioggia e con il sole. Ci perderesti la salute. Non esistono portalettere donna – Finora – disse Anna.”

Comunque se uno riesce a farsene una ragione di certe lacune, siano anche volute, la lettura risulta gradevole, probabilmente è presente anche un significato morale sebbene, a parer mio, non è tanto quello voluto dall’autrice (l’emancipazione femminile ai livelli descritti nel romanzo in quegli anni e nel Salento, beh insomma è difficile anche solo immaginarla) quanto uno probabilmente più banale ovvero la menzogna, sotto qualunque veste si presenti, non paga mai.
Soprattutto l’amore basato sul non detto, i segreti portati nella tomba, le verità nascoste e negate pure davanti alle evidenze, non conducono mai a nulla di buono.

“Be’, ti confesso una cosa: in questi anni di silenzio tra noi, ho continuato a sottolineare ogni libro che ho letto, e a scrivere a lato le mie note per te, anche se sapevo che non le avresti mai più lette.”

Al di là della mia personale valutazione la sensazione è di un prodotto magari non studiato a tavolino ma comunque cercato e voluto da una casa editrice che è la stessa dei Leoni di Sicilia e di altre opere di buon successo e della medesima cifra stilistica.
Tuttavia rispetto ai due lavori di Stefania Auci  la parte romanzata risulta assai più accentuata, le vicende della famiglia Greco (su cui ovviamente si conosce molto meno dei Florio) sono state, per ammissione della stessa Giannone, ampiamente rimaneggiate e modificate per esigenze narrative.
Insomma romanzo storico si ma largo spazio alla fantasia dell’autrice che peraltro non esclude il ritorno (un po’ alla Califano) dei protagonisti senza specificare in quale veste (prequel, sequel o quant’altro).
D’altronde ogni epoca ha i suoi mali necessari, la nostra ha le trilogie letterarie e soprattutto gli adattamenti televisivi (pare che i diritti tv de La portalettere risultino già aggiudicati dopo aste piuttosto combattute).
Attendiamo quindi con moderata fiducia l’ineluttabile approdo sugli schermi delle avventure della portalettere.

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