Diamo il benvenuto nel salottino di Infinity Passions a Carmine Mari autore de Il fiore di Minerva edito da Marlin editore recentemente recensito sul nostro blog.

Buongiorno Carmine le do il benvenuto sul nostro blog.

La prima domanda che le pongo permetterà ai nostri lettori di conoscerla meglio. 

Chi è Carmine Mari e come è nata la sua passione per la scrittura?

Fin da bambino ho sempre nutrito grande curiosità verso la pagina scritta, nonostante non avessimo una libreria vera propria. Una dozzina di numeri di Storia Illustrata, qualche romanzo d’avventura pieno di orecchie, antologie scolastiche e due biografie di santi. In compenso c’erano i Tex di mio zio, dal n.1 al 100, storie rilette decine di volte: foreste, laghi, canoe indiane e posti lontani.

A nove anni la mia prima lettura importante: La favorita del Mahdi di Salgari, un imprinting. Da allora non ho più smesso di leggere e di sognare. Mi ritengo fortunato. L’approccio alla scrittura è stato consequenziale, un percorso graduale durato diversi anni, fatto di tentativi e presa di coscienza dei propri mezzi. Per scrivere il primo romanzo ci ho impiegato una vita, ma è stata una buona palestra per affinare tecniche, linguaggio, sicurezza e determinazione, senza la quale sarebbe impossibile superare gli scogli che la scrittura comporta.

Ogni scrittore solitamente è anche un lettore, quali letture e autori predilige?

Non ho preclusioni, recentemente mi ha incuriosito la fisica quantistica, in termini storici e divulgativi. C’è da imparare e assorbire da ogni campo del sapere. Murakami, Reverte, Kerr, Mantel, solo per citare gli ultimi. Spesso mi capita di rileggere Conrad, O’ Brian, Follett, o Ambler, per esempio.

Entrando nel romanzo le chiedo come è nata la storia de Il fiore di Minerva  e quanto è stato difficoltoso creare una trama così complessa?

L’idea è venuta fuori lentamente, partorita dalla lettura della vita di Ferrante Sanseverino. In genere immagino il finale; quello del Fiore di Minerva era soltanto una battuta. L’intreccio l’ho costruito strada facendo, sicuro di avere il punto di arrivo. Più che la trama è il lavoro sui personaggi a essere determinante; se plasmati in un certo modo, saranno loro a determinare le azioni e il prosieguo della storia.

Siamo nel XVI° secolo, Enrico II re di Francia non ha rinunciato alle sue mire sull’Italia.  Cosa ci può raccontare di quel periodo storico e del principe Ferrante Sanseverino?

Periodo affascinante e Ferrante è un personaggio incredibile, ricco di contraddizioni. Intraprendente, coraggioso, mecenate, vanesio e occulto negli odi. Una vita avventurosa e tragica. Dapprima fedelissimo alla corona di Spagna, poi in rotta con il vicerè di Napoli, sarà condannato in contumacia per eresia, tradimento e sodomia. I suoi beni confiscati. Si rifugerà in Francia e con il sostegno di Enrico II farà il giro delle corti europee in chiave antimperiale. Nel ricordo delle proprie origini franco normanne, spenderà gli ultimi anni della vita rincorrendo il sogno di strappare agli spagnoli il Viceregno di Napoli. Morirà ugonotto e senza eredi. Con lui si spegnerà l’ultimo erede di una potente casata, protagonista della storia del mezzogiorno d’Italia.

Il protagonista del romanzo è Héctor dell’Estremadura. A chi si è ispirato nella creazione del personaggio?

Ai conquistadores del Nuovo Mondo, a quella gente avventurosa e disperata che tentò la fortuna credendo nell’Eldorado. Avevo bisogno di un personaggio con un passato fatto di sangue, barbarie e fumo di polvere da sparo, per poi metterlo di fronte al mistero dell’amore. Basta la fede, oppure la salvezza arriva attraverso l’amore? Si è predestinati alla dannazione o c’è ancora spazio per il libero arbitrio?

Costanza Calenda e Isabella Villamarina, due donne forti e che sanno ciò che vogliono. Crede che le donne nel XVI° secolo fossero libere di esprimere la propria identità e il proprio pensiero?

Osservando il dipinto di Artemisia Gentileschi, vedo in Giuditta che decapita Oloferne, l’emblema di una donna fredda e spietata, decisa a sbarazzarsi del tiranno e diventare artefice del proprio destino. Vedo la sua ancella, altrettanto decisa e complice in una sorta di alleanza di genere contro ogni forma di oppressione. Vedo la consapevolezza delle donne. Certo, nei piani bassi della gerarchia sociale, la condizione femminile resta drammatica, ma a partire dal ‘500 qualcosa cambia, sempre più donne rivestono ruoli chiave della vita pubblica. Pensiamo a Caterina de Medici, regina di Francia, a Elisabetta I d’Inghilterra, alle dame di corte e alle nobildonne non più relegate a comprimarie o concubine. Il potere esercita un fascino sul gentil sesso come sugli uomini. Da parte loro c’è una crescente fiducia nei propri mezzi e “tutti” i mezzi sono leciti. Isabella Villamarina gestiva il feudo del marito Ferrante, uno Stato nello Stato, aveva un cancelliere personale, prendeva decisioni, si occupava di finanze e di trame politiche. Non mi sono inventato granchè su di lei. Costanza Calenda poi, è stata una medichessa figlia d’arte; le mulieres salernitanae godevano di un prestigio secolare. Insomma, non è stato più possibile fare tacere una donna da quel momento in poi.

Possiamo sperare in un futuro per Héctor e in caso affermativo sarebbe possibile avere un’anticipazione per i nostri lettori?

Héctor dovrà dare conto di parecchie cose, non può cavarsela così. Costanza dovrà pur tornare dal suo viaggio e dal mare poi, giungono sempre più notizie di un mondo diventato piccolo.

Come si è destreggiato tra realtà storica e fantasia?

L’immaginazione è servita a tappare i buchi neri della storia, usando il verosimile inteso come apparente (ma solo apparente) verità, spingendomi fino ai limiti del probabile.

Quale pensa sia la situazione della narrativa storica sulla scena culturale italiana?

L’offerta editoriale è sempre alta. Noto un certo consenso verso quelle storie ambientate a cavallo tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900. La Bella Epoque, la modernità, le nuove scienze e la società di massa; tutto molto interessante. Sto pensando di dare seguito, per l’appunto, al mio Hotel d’Angleterre, una spy story ambientata nell’Italia del 1911.

Infine ringraziandola per la disponibilità le pongo un’ultima classica domanda: quali sono i 5 libri che porterebbe su un’isola deserta?

Domanda sibillina. La bibbia, l’Odissea, Il nome della rosa, Epitaffio per una spia e Uno studio in rosso.

Il fiore di Minerva – Carmine Mari 

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