Mare bianco – Roy Jacobsen – Iperborea

Mare bianco. Ingrid è tornata nella sua Barrøy, isoletta a sud delle Lofoten e da tempo immemorabile piccolo regno della sua famiglia, che ne porta il nome. È il 1944, la Norvegia è occupata dai tedeschi e l’ultima generazione dei Barrøy sparsa per il paese. Ingrid, a trentacinque anni, si ritrova unica padrona di un’isola che pare abbandonata, in casa un silenzio ostinato, fuori il desolato lamento del mare. Ma «vivere su un’isola è cercare» e cogliere segni ad altri invisibili, e proprio quel mare che suo padre le ha insegnato a non temere le restituisce poco a poco le tracce terribili della guerra in corso, i corpi di una nave bombardata. Unico superstite è un giovane prigioniero ferito, che pur parlando una lingua sconosciuta entra indelebilmente nel suo cuore e nella sua vita. È per lei l’inizio di un tumulto di accadimenti che, tra amnesie e sporadiche riemersioni della coscienza, lentamente dovrà ricostruire. Dopo l’eterno presente in cui l’isola degli Invisibili sembrava immersa, la Barrøy di Mare bianco ha ceduto alla Storia. Stravolti gli antichi equilibri, Ingrid dovrà imparare a fare affidamento anche sugli altri, nuovi amici da accogliere e famigliari che tornano, con la prospettiva della ricomposizione di una piccola comunità.

RECENSIONE

Non ero a conoscenza che Mare bianco fosse il secondo capitolo della saga dei Barrøy per cui ho iniziato la lettura da neofita. Quello che mi ha colpita di questo romanzo è indubbiamente l’ambientazione, la protagonista Ingrid vive su un’isola dei paesi scandinavi in cui non vive nessuno. Le descrizioni della natura, del mare e della sua forza dirompente hanno catturato la mia attenzione perchè giocano un ruolo di primo piano anche nello svolgersi della storia.

Siamo durante la seconda guerra mondiale e dal mare giungerà un giovanissimo soldato, unico superstite del naufragio di una nave, che Ingrid curerà salvandolo dalla morte. Il silenzio sarà il loro modo di comunicare, non parlando la stessa lingua, riusciranno a capirsi con gli sguardi, i gesti e tutte le espressioni del linguaggio non verbale. Questa intesa li porterà a condividere un’intimità quotidiana e a vivere una normalità in un momento storico non propriamente normale. Saranno capaci di comunicare senza parole, dove è scritto che si comunica solo parlando?

Non è un romanzo di grandi avvenimenti, spesso si passa da un accadimento ad un altro senza continuità e senza che si comprenda chiaramente cosa è accaduto. E’ una storia dai tempi lenti e dilatati, di una donna che lotta con tutte le sue forze contro le avversità create dalla guerra. Questa capacità di resilienza è ciò che mi è piaciuto maggiormente di Ingrid, non si perde d’animo  e combatte strenuamente per poter migliorare la sua condizione e quella di coloro che vivono con lei. 

La prima e la seconda  parte la vedono sola, nella terza lei ritroverà alcuni familiari, a cui si aggiungeranno altri personaggi formando una piccola comunità. Il suo spirito indomito e il sapersi rimboccare le maniche mi hanno portata a rapportarla sullo stesso piano di Scarlet O’Hara, come lei Ingrid decide per tutti ponendosi a capo della comunità.

Indubbiamente quella di Jacobson è una prosa evocativa e poetica, i silenzi, le descrizioni, l’uso sapiente delle parole, il modo in cui i personaggi sono tratteggiati ci fanno comprendere che l’autore conosce il suo mestiere.

Senza dubbio alcuno ci troviamo di fronte a una saga  che potrà attrarre gli appassionati del genere e coloro che amano il fascino dei paesi del nord Europa, la natura selvaggia e incontaminata oltre alla speranza di un futuro migliore.

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