Fame di storie – Gianni Minà – Roberto Nicolucci Editore

Fame di storie. Gianni Minà voleva fare il giornalista sportivo, era il suo sogno, ma la sua fame di storie l’ha ben presto spinto ad allargare le proprie vedute: si è interessato all’America Latina e ha coltivato, negli anni, nuove amicizie che lo hanno riempito, arricchito e che hanno, in parte, cambiato la sua vita. È stato un instancabile ricercatore di storie e di persone, ha raccolto vicende, testimonianze, suggestioni, analisi, molto spesso ignorate da giornali e televisioni. Minà nelle sue interviste non è mai stato un giudice o un pubblico ministero, perché glielo hanno insegnato i suoi maestri, Ghirelli e Barendson. Con il suo mestiere è stato solo il ponte tra una situazione, una personalità che può essere quella di un campione sportivo come può essere quella di un politico o di un altro artista e la gente e il mondo. “Il giornalismo”, ha sempre detto, “deve solo servire affinché che la gente capisca, conosca, abbia nozione, non sia narcotizzata dal solito tran tran che lo sport spettacolo e non propone per fare in modo che la gente non pensi”. Questo libro di fotografie è dedicato alle sue figlie e alla loro generazione spogliata e derubata anche di un sogno di futuro, vorrebbe lasciare loro la testimonianza di persone e situazioni, spesso drammatiche, che ha visto e raccontato, perché “sapere, qualche volta, vuol dire migliorare la propria esistenza, ma soprattutto sostenere il valore, ogni giorno più fragile, della libertà di espressione e del diritto ad essere informati”.

RECENSIONE

Un libro per tutti Fame di storie, ma soprattutto per i più giovani che magari non hanno mai avuto l’occasione di avvicinarsi in modo più approfondito a Gianni Minà.
E non si può comprendere il personaggio senza conoscere i suoi primi maestri di giornalismo, parliamo di Antonio Ghirelli, Maurizio Barendson e Sergio Zavoli ovvero il gotha assoluto di un mestiere che oggi sostanzialmente non esiste più, almeno non nella dimensione più nobile del termine.
Si trattava di un giornalismo che invogliava il lettore ad approfondire, a non limitarsi al titolo, a non rassegnarsi alla notizia divulgata quasi senz’anima.
Un articolo di giornale veniva letto con la stessa avidità con cui si leggeva un romanzo, e questo perché certi scritti potevano davvero essere dei piccoli romanzi.
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Gianni Minà ha assorbito questo modo di raccontare e ha saputo veicolarlo dalla carta stampata alla televisione.
In tal senso Minà ha rappresentato una sorta di unicum nel panorama giornalistico e, soprattutto, televisivo italiano, dai Beatles intervistati nel 1965 in occasione del mitologico concerto romano all’Adriano ai tanti incontri con Muhammad Ali e Fidel Castro ogni suo reportage ha saputo segnare un’epoca e offrire di ogni personaggio un’angolazione irripetibile.
Sergio Leone, Robert De Niro, Gianni Morandi, Gabriel Garcia Marquez, Diego Maradona, Pietro Mennea, di tutti loro e di moltissimi di più seppe cogliere quell’aspetto tenuto sapientemente nascosto.
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Basti pensare alla lunga intervista concessa dal Pibe de Oro dopo la semifinale contro l’Italia ai Mondiali del 1990 col campione argentino che davanti ad un plotone di cronisti d’assalto esclama:
“Sono qui per parlare solo con Minà, se avete bisogno di me prendete accordi con l’ufficio stampa della nazionale argentina”.
Questo perché sono sempre esistiti due diversi tipi di giornalismo, uno sensazionalista, urlato, alla ricerca della prima pagina fine a se stessa, ed un altro desideroso di raccontare, con il solo obiettivo di porre l’uomo al centro dell’attenzione.
Un libro fantastico che racconta un aspetto diverso dei personaggi iconici che hanno fatto la storia nel loro campo. Gianni Minà è il timoniere che ci permette di conoscere aspetti e lati meno noti rendendoli più umani e meno star. Ai testi si aggiungono le foto che li colgono nella loro quotidianeità, senza filtri, evidenziando quei piccoli particolari che fanno la differenza nella vita di tutti noi.
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Sinceramente pochi hanno saputo raccontare gli uomini come Gianni Minà, e ci sono due foto in questa intensa e memorabile galleria che mi hanno maggiormente colpito:
La prima è la più celebre ovvero Minà insieme a De Niro, Leone, Garcia Marquez e Muhammad Ali, immortalati a cena a Roma da Checco Er Carrettiere, e rende appieno l’idea del fascino di mettere assieme personaggi lontani anni luce l’uno dall’altro ma tutti testimoni potentissimi della loro epoca.
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La seconda, forse assai più banale, che vede Minà assieme ad Adriano Celentano, Gianni Morandi e l’attrice Sydne Rome ed in qualche modo rende appieno la capacità di quest’uomo, scherzosamente celebrata da Fiorello, di unire personaggi ultra celebrati ed altri che in fondo si limitarono ad una gloria più effimera.
E questo perché, come ebbe a dire Adriano Panatta, Minà riusciva a fare quello che i giornalisti nemmeno si sognano.
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Un libro da avere assolutamente nella propria biblioteca, da sfogliare di tanto in tanto per ricordarci una parte di storia che abbiamo vissuto e forse rimpiangiamo.
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