La macchia umana – Philip Roth – Einaudi

La macchia umana. Il professor Coleman Silk da cinquant’anni nasconde un segreto, e lo fa così bene che nessuno se n’è mai accorto, nemmeno sua moglie o i suoi figli. Un giorno però basta una frase (anzi una sola parola detta per sbaglio, senza riflettere) e su di lui si scatenano le streghe del perbenismo, gli spiriti maligni della “political correctness”. Allora tutto il suo mondo, la sua brillante vita accademica, la sua bella famiglia, di colpo crollano; e ogni cosa che Coleman fa suscita condanna, ogni suo gesto e ogni sua scelta scandalizzano i falsi moralisti. Non c’è scampo perché “noi lasciamo una macchia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui”.

RECENSIONE

Il mio secondo Roth, ormai va un po’ così nel senso che i grandi autori li numero, fra poco arriverà il mio terzo Simenon e magari il mio quarto Steinbeck…ma insomma diamo tempo al tempo.
Roth, va detto, un po’ intimidisce, non tanto per i contenuti quanto per quei periodi lunghissimi, pieni di coordinate, ma del resto chi non vorrebbe saper scrivere così?
Chi non ha mai pensato, nella sua lunga carriera di lettore, da grande voglio scrivere come Philip Roth?
Di Proust ho letto, da qualche parte, i suoi personaggi ci mettono trenta pagine per salire le scale, ecco quelli di Roth in trenta pagine fanno due piani in ascensore, si e no.
Lui stesso pare aver scritto “i periodi lunghi sono come una corsa in metropolitana: sali ad una fermata, scendi a un’altra.”
Personalmente aggiungerei nelle ore di punta, una corsa in metropolitana nelle ore di punta.

Il mio primo Roth è stato Pastorale americana, il titolo confesso mi aveva parecchio fuorviato, pensavo a qualcosa di agreste, bucolico, non avevo colto l’ironia.
Stavolta non ho proprio preso in esame il titolo, nemmeno il fatto che La macchia umana facesse in qualche misura parte di una trilogia aperta proprio da Pastorale americana, e tanto per cambiare ho toppato, il significato del titolo, spiegato da Roth in un momento quasi di stanca del libro, varrebbe da solo la lettura. 
Ma la macchia è anche quella che contraddistingue Coleman Silk, il protagonista del romanzo, e qui partiamo di spoiler a manetta perché Silk ha un segreto: per buona parte della sua vita si è finto bianco ed ebreo pur essendo nero, e ciò lo ha inevitabilmente portato a rompere del tutto i rapporti con la famiglia d’origine e a mentire spudoratamente a moglie e figli che non conoscono la verità.
E dov’è la genialità di questo romanzo oltre all’esser scritto così orrendamente bene che se solo Roth fosse vivo saremmo probabilmente legittimati a prenderlo a schiaffi?

La genialità, beninteso secondo me e magari, anzi con buone probabilità, dico una boiata, risiede nel fatto che Coleman Silk nel romanzo viene bollato dapprima come razzista per una frase mal interpretata e poi messo alla gogna per la relazione con una bidella trentaquattrenne che in quanto donna, semianalfabeta e con un lavoro precario secondo la morale comune deve necessariamente esser stata manipolata dall’uomo.
E il perbenismo, il politicamente corretto, il pettegolezzo, le lettere anonime permettono la messa ai margini di un uomo che probabilmente meriterebbe tutto questo ma per motivi radicalmente diversi.
Pagare il giusto ma per le colpe sbagliate, un po’ semplicistica forse come considerazione finale ma la stessa morte politica di Clinton, figura che aleggia nel romanzo, non venne forse decretata dallo scandalo piuttosto che da un giudizio politico?

Ne La macchia umana convive tanto di tutto, potrebbero esserci svariati motivi per leggerlo, a parte la scrittura fine a se stessa.
Quello su cui sarei pronto a scommettere è che chiunque lo porterà a termine troverà almeno un personaggio da amare (il mio compare quasi alla fine) e uno da detestare (questo invece per me arriva presto).
Da consigliare su tutta linea, Roth è un po’ come quei vini che dovremmo degustare ogni tanto per comprendere che quelli sorseggiati quotidianamente in fondo sono buoni solo per cucinare.

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