La vedova Couderc – Georges Simenon – Adelphi

 

La vedova Couderc. Un giovane ricco esce di prigione, non sa dove andare: si ritrova a convivere con una matura vedova in una casa di campagna lungo un canale. E’ un rifugio, la promessa di una stasi biologica, di un auspicato torpore della mente. Ma altre donne interverranno a turbare quel precario equilibrio. Si scatena un inferno provinciale e insieme si accende l’occasione demoniaca per tornare al delitto.

RECENSIONE

 Si parla di letteratura con la L maiuscola, ma di letteratura essenziale perché questo balza subito agli occhi, finanche ad un lettore di Simenon dell’ultim’ora come posso indegnamente definirmi.

Ad un certo punto c’è una frase “gli capitava di raccontare al prigioniero la commedia che aveva visto a teatro la sera prima”, e qui qualsiasi scrittore contemporaneo avrebbe indugiato sul titolo della commedia, magari anche sugli attori, non Simenon perché ai fini della narrazione è totalmente irrilevante.
Ho letto da qualche parte che Simenon utilizzava non più di 2000 vocaboli differenti per ogni romanzo, ecco perché l’essenziale, ecco perché il mio commento potrebbe chiudersi qui, ma non accadrà….
La trama è abbastanza conosciuta, si potrebbe aggiungere (ma temo lo sappiano pure i sassi) che da questo romanzo venne tratto un bel film del 1971 (il titolo nella versione in italiano diventò L’evaso perché proprio non ce la facciamo a farci gli affari nostri e lasciare le cose come stanno) con un giovane Alain Delon in versione baffuta e Simone Signoret (attrice notevole il cui nome probabilmente dirà poco ai più giovani e molto a quelli un filino più attempati come il sottoscritto).
Tornando al libro anche in questo caso come ne La mano (sono giunto in poche settimane al mio secondo Simenon e ci tengo a sottolinearlo con malcelata soddisfazione) larghissimo spazio alla psicologia dei personaggi.
Ci si chiede come riesca lo scrittore a calamitare così ferocemente l’attenzione del lettore riducendo all’essenziale persino la descrizione dei paesaggi, potremmo sostenere che uno dei punti di forza de La vedova Couderc risieda anche nel potere di attrazione esercitato dalla superba raffigurazione di una vita di campagna in cui le aspettative sono ridotte al minimo così come le necessità.
Ma l’attesa dell’epilogo resta enorme per tutta la durata della lettura, eppure non parliamo di un giallo puro, o comunque non completamente.
Aleggia, quasi se ne avverte il profumo, l’evento che cambierà le carte in tavola e che appare inevitabile fin dalla più o meno contemporanea comparsa sulla scena di Jean e della vedova Couderc.
L’incipit indimenticabile, il gioco di sguardi, i pensieri nascosti e quelli espressi, varrebbero, e abbondantemente, la lettura.
La parola d’ordine pare appunto essere essenzialità, semplicità, chi si aspetta i botti di Capodanno è nel posto sbagliato, tutto ciò che accade sembra accadere per inerzia, o per destino se si preferisce.¿

Quattro stelle e mezzo a voler essere severi nel commento, ogni pagina di questo libro è un immaginario colpo di pennello, difficile capire dove si finisca di leggere e s’inizi invece ad osservare.
Non si tratta neppure di consigliarne o meno la lettura, mentirei se affermassi che le 167 pagine della vedova Couderc possano cambiare la vita a qualcuno, però è breve, lo scrittore è una garanzia, non si vede l’ora di sapere come va a finire, insomma io una chance gliela darei😀

/ 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *