Ho ucciso Andy Warhol – Giovanna Strano – Massimo Soncini Editore

 

 

Ho ucciso Andy Warhol. L’America degli anni ’60 è interessata da uno dei periodi più controversi e rivoluzionari della storia dell’arte, che riflette i fermenti politici e sociali riguardanti il mondo moderno. La Pop Art nasce proprio dalle contraddizioni di quel tempo. Il padre è Andy Warhol, artista capace di incarnare il subbuglio della società dell’epoca. La narrazione, condotta sul filo del thriller e del giallo, si snoda in quel contesto storico e culturale. Il punto di vista è multifocale, alternando la visione dell’artista con quella dei personaggi che animano la Factory, il quartier generale di Andy Warhol. Protagonista indesiderata della sua esistenza turbolenta è Valerie Solanas, attivista femminista incallita, che attenta all’esistenza di Warhol sparandogli a bruciapelo. Sul palcoscenico della vita si alternano figure forti e dannate al tempo stesso, come Edie Sedgwick, Jean-Michel Basquiat, Nico, i Velvet Underground, Marilyn Monroe. Dietro le storie di ognuno di loro vi sono racconti di disperazione, violenza, dolore profondo.

RECENSIONE

Questo romanzo ci dà uno spaccato dell’America degli anni 60. La narrazione si apre con Valerie Solanas accusata del tentato omicidio di Andy Warhol. La Solanas fu una femminista, scrisse un manifesto contro il maschio a favore delle donne intitolato SCUM. Ella diede il manoscritto a Warhol sperando che lo pubblicasse. I contenuti piuttosto forti e osceni furono considerati un mucchio di nefandezze da chi faceva parte dell’entourage di Warhol e da lui stesso, che agli inizi della loro conoscenza considerava la Solanas divertente, ma, alla fine si stancò di lei e del suo stalkeraggio dicendole di aver perso il manoscritto proprio per togliersela dai piedi. Questo provocò una reazione nella donna che decise di sparargli, Fu arrestata e rinchiusa in carcere dove rimase per 3 anni.

Il romanzo parte da qui e racconta l’America di quegli anni fornendoci un ritratto ben lontano da quello patinato del cinema hollywoodiano, dai lustrini, le pailettes, dal potere e dal denaro del sogno americano. Nonostante Warhol abbia raggiunto il successo e la fama nel suo campo (che era ciò a cui aveva sempre mirato) la sua esistenza non fu felice. Proveniva da una famiglia di basso ceto sociale, vide la miseria e fu il suo talento artistico a farlo emergere.

L’uso ripetuto di oggetti di uso comune come la zuppa Campbell.

” in un mosaico caotico le cui tessere […] si pongono sempre a delimitare la stessa figurazione, ripetuta all’infinito, sia essa il barattolo della zuppa Campbell o il volto di Marilyn o una copia di qualcosa che non ha più l’originale, un simulacro”, dà l’immagine del consumismo e l’identificazione dell’oggetto reale con quello pop. La stessa Marilyn nelle opere che la vedono come protagonista perde la sua identità divenendo un oggetto di consumo.

“L’artista non deve fare altro che prendere l’esterno e metterlo all’interno e prendere l’interno e metterlo all’esterno. portandosi a casa gli oggetti quotidiani. In tal modo l’artista diventa di tutti e non è solo prerogativa di pochi eletti”:

Ecco la massificazione dell’arte perchè la Pop Art si rivolge a tutti, ricchi, poveri, lavoratori e non, perchè ciascuno di loro mangia la zuppa Campbell  o beve la Coca Cola e questo tende a livellare le differenze sociali.

Warhol ebbe anche un ruolo di rilievo anche nell’ambiente musicale dell’epoca, conobbe Bob Dylan e Jim Morrison prima che divenissero dei miti pop. Soprattutto il suo nome è legato ai Velvet Underground che devono a lui il nome oltre che alla famosa copertina dell’album con la banana.

In Ho ucciso Andy Warhol conosciamo le sue muse Nico che lui trasformò in icona pop oltre che in solista dei Velvet Underground. L’altra musa fu Edie Sedgevich dal vissuto doloroso come Nico. 

Il romanzo ha un fil rouge che riesce ad unire tutti gli aspetti della vita di Warhol dando origine a un racconto unitario e con una logica. 

Interessante la parte riguardante Jean-Michel Basquiat che mi ha permesso di inquadrarlo coma artista e come uomo, anche lui proveniente da un passato fatto di violenze e soprusi, riuscì a farsi conoscere grazie al suo innato talento.

In conclusione un’opera meritevole che consiglio agli amanti dell’arte e a chi vuol conoscere meglio l’America degli anni 60.

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