Classe 1911 I sogni devono attendere – Brè Editore

Classe 1911. Il romanzo è ambientato nelle campagne veneziane. Siamo nel 1935, nel pieno ventennio fascista. Il protagonista è Luigi, classe 1911, un apprendista falegname, introverso, religioso, dai sani principi e con il sogno di aprire una falegnameria. Ma Mussolini ha altri progetti per lui, programmi che sconvolgeranno la vita del povero uomo. Il Duce brama “un posto al sole” e decide di conquistare l’Etiopia. Luigi è costretto a partire per il Paese africano, dove assisterà alle peggiori atrocità. Iniziano a farsi strada dei sentimenti che non gli appartengono e che lo spaventano: il rancore e la vendetta. Questi sentimenti, che si assopiscono al rientro in patria, tornano prepotenti quando ritrova un ex capomanipolo delle camicie nere incontrato in Africa, trasferitosi nel suo paese per lavorare. E le efferatezze che l’uomo perpetrava in Etiopia, continua a compierle nel veneziano come membro delle brigate nere, durante la Seconda guerra mondiale. Crudeltà, ingiustizie, patimenti, ma anche amicizia, solidarietà e amore, in un libro tratto da storie realmente accadute, in uno dei periodi più difficili del Ventesimo secolo.

RECENSIONE

Campagne venete, secondo decennio del ventennio fascista.

In un’Italia che si sta ancora riprendendo a fatica dal primo conflitto mondiale, in un Paese con un’economia prevalentemente agricola e ancora arretrata, il Duce decide di “conquistarsi il suo posto al sole” in Africa. Siamo infatti nel 1935, all’inizio della campagna D’Etiopia, e qui inizia anche la nostra storia. Conosciamo, infatti, Luigi Gambaro, classe 1911, che pur nelle difficoltà di un’esistenza difficile ma dignitosa, ha un grande sogno: quello di aprire un giorno la sua bottega da falegname. La chiamata alle armi lo costringe, però, a mettere da parte i suoi sogni e a combattere una guerra che non condivide né accetta.

<<Tutto sommato gli piaceva quello strampalato compagno d’avventura. Chiacchierava troppo per i suoi gusti, ma era simpatico con quelle sue uscite e la parlata tipica della pedemontana trevigiana>>

In caserma, durante l’addestramento. Luigi conosce Manlio e altri giovani provenienti dalle diverse parti d’Italia. Un crogiolo di dialetti, che l’autrice utilizza spesso nei dialoghi, denota la scarsa diffusione della lingua italiana in quegli anni e si rivela, secondo me, una scelta narrativa d’effetto.

Luigi è un giovane molto credente, dal carattere introverso mentre Manlio è solare e positivo e la loro amicizia sarà l’unica luce in quei lunghi mesi di guerra.

<<Hai tanta fame zio? Gli chiese il bimbo. Luigi posò la forchetta e attese qualche secondo prima di rispondere. <<Ne ho avuta tanta, Giovanni>>. E si augurò che quella fame, il nipote, non dovesse provarla mai.

 

I mesi in Africa sono terribili, per le privazioni patite dai soldati e per gli eccidi che vennero compiuti. Dopo tanto orrore, Luigi ritorna finalmente in patria; qui ricostruisce la sua vita sposando Cesarina e trasferendosi a Mestre, dove ha la possibilità di lavorare in un cantiere e mettere da parte i soldi per realizzare il suo sogno. I venti di guerra continuano però a soffiare sull’Europa, infatti nel 1939 la Germania occupa la Cecoslovacchia e da lì l’escalation di eventi che di fatto portò l’Italia nella seconda guerra mondiale. Di nuovo Luigi fu convocato al distretto militare, ma questa volta, essendo padre di famiglia fu chiamato a servire la patria lavorando in un’acciaieria.

Ancora la guerra, ancora morti, sofferenze e violenze, e di nuovo Luigi deve mettere da parte i suoi sogni…

E’ una storia che si legge con commozione, a volte con le lacrime agli occhi, perché Luigi potrebbe essere nostro nonno o il nostro bisnonno e perché questi eventi non sono poi così lontani da noi e le guerre non sono solo un brutto ricordo.

Le descrizioni accurate di luoghi ed eventi denotano un accurato lavoro di ricostruzione storica. La scrittura dell’autrice è semplice ed essenziale ma con una forte capacità evocativa. Infatti, non è difficile ad esempio immaginarsi accanto a Luigi, sul Toscana, durante la traversata verso l’Etiopia. Così come si riesce a percepire il suo sgomento per i sogni infranti e per la violenza e la distruzione che la guerra porta con sé.

 

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