American serial killers – Gli anni dell’epidemia 1950-2000 – Peter Vronsky

 

American serial killer. I fan di “Mindhunter” e della docuserie “Dahmer” divoreranno le storie agghiaccianti di questi serial killer della “Golden Age” americana, l’età dell’oro degli assassini seriali (1950-2000). Con libri come “Serial Killers”, “Genesi mostruose” e “Sons of Cain”, Peter Vronsky si è affermato come il massimo esperto di storia dei serial killer. In questo primo autorevole saggio sulla “Golden Age” dei serial killer americani, gli anni in cui il numero di assassini seriali e la conta dei corpi esplosero, Vronsky racconta le storie degli omicidi più insoliti e importanti dagli anni ‘50 all’inizio del ventunesimo secolo. American Serial Killers offre ai veri appassionati di true-crime ciò che più che desiderano, passando dalle storie degli assassini più famosi (Ed Kemper, Jeffrey Dahmer) a quelle dei casi meno noti (Melvin Rees, Harvey Glatman).Un saggio storico e sociologico avvincente e approfondito. Perfetto per i fan del true-crime dallo stomaco forte.

RECENSIONE

Un saggio che è possibile definire con una sola parola: impressionante.
Tutti noi, o quasi tutti, abbiamo letto dei thriller, anche particolarmente sanguinolenti, oppure ci è capitato di assistere a film e serie tv dove magari ci siamo appassionati a vicende di assassini seriali, con anatomopatologi in prima fila.
Ma la realtà supera ampiamente la fantasia e in questo libro, certo non troppo consigliabile ai facilmente impressionabili, viene passata in rassegna una galleria incredibile di serial killers tutti operativi in quella che l’autore definisce l’epoca d’oro degli omicidi seriali.
Bastano poche pagine per comprendere come Peter Vronsky sia un’autorità assoluta nel campo, la descrizione di vicende e personaggi è minuziosa, ogni serial killer viene analizzato in modo quasi maniacale.
Ne possiamo ricavare alcune considerazioni di carattere generale, o meglio le ricava l’autore, noi non possiamo fare null’altro che registrarle.
Le motivazioni che spingono a commettere certi crimini e a reiterarli sono quasi sempre da ricercare nella fase adolescenziale degli autori.
L’ aver subito molestie, maltrattamenti, l’esser cresciuti in ambienti e famiglie disagiati, l’esser comunque parte di una sottocultura che non offre alcuna opportunità di emergere, in tutto questo sono da individuare le ragioni sociologiche che dimostrano come in fondo ognuno di noi  potenzialmente potrebbe trasformarsi in assassino seriale.
Non necessitano propensioni particolari, sono le condizioni ambientali a determinarle.
E se il fenomeno degli assassini seriali ha avuto un suo picco negli anni che vanno dal 1950 al duemila è perché proprio in questi anni esistevano i giusti presupposti.
Cosi come il declino è avvenuto nel momento in cui la prova del dna ha iniziato a diffondersi sempre più su larga scala.
A quel punto anche il serial killer più maniacale, quello maggiormente attento ai particolari apparentemente irrilevanti, ha iniziato a trovarsi in difficoltà.
American serial killers come detto prende in esame un numero altissimo di criminali, nessuna descrizione dei delitti ci viene risparmiata, nemmeno le più raccapriccianti, addirittura l’autore ci segnala i crimini che meglio sono stati immortalati nelle foto.
Il numero di informazioni che ci vengono fornite è travolgente, se la lettura, come accennato, è sconsigliabile ai facilmente impressionabili per gli amanti del genere risulta quasi obbligata.
E si resta appunto impressionati dalla completezza, è evidente che per l’autore l’argomento presenta ben pochi segreti.
In definitiva si è vero, si rischia di rimanere sconvolti per le descrizioni ma poi alla fine risulta vincente la curiosità di saperne, tanto, di più su un fenomeno che, sia pure esclusivamente nel male, ha contrassegnato la nostra epoca.

 

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