La casa senza ricordi – Donato Carrisi – Longanesi

 

recensione a cura di  Massimiliano Mascalzi

La casa senza ricordi. Un bambino senza memoria viene ritrovato in un bosco della Valle dell’Inferno, quando tutti ormai avevano perso le speranze. Nico ha dodici anni e sembra stare bene: qualcuno l’ha nutrito, l’ha vestito, si è preso cura di lui. Ma è impossibile capire chi sia stato, perché Nico non parla. La sua coscienza è una casa buia e in apparenza inviolabile. L’unico in grado di risvegliarlo è l’addormentatore di bambini. Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, viene chiamato a esplorare la mente di Nico, per scoprire quale sia la sua storia. E per quanto sembri impossibile, Gerber ce la fa. Riesce a individuare un innesco – un gesto, una combinazione di parole – che fa scattare qualcosa dentro Nico. Ma quando la voce del bambino inizia a raccontare una storia, Pietro Gerber comprende di aver spalancato le porte di una stanza dimenticata. L’ipnotista capisce di non aver molto tempo per salvare Nico, e presto si trova intrappolato in una selva di illusioni e inganni. Perché la voce sotto ipnosi è quella del bambino. Ma la storia che racconta non appartiene a lui.

RECENSIONE

La casa senza ricordi è il secondo episodio dei tre (ad oggi) che compongono il ciclo cosiddetto di Pietro Gerber, nessuna parentela o collegamento, pare, con i titolari della celebre ditta di omogeneizzati.
Il Pietro Gerber in questione è un addormentatore di bambini, uno di quei mestieri inventati da Carrisi di cui faticheremmo a recuperare una traccia nel nostro quotidiano, diciamo che in soldoni si tratta di uno psicologo infantile con un metodo molto personale che magari funziona nei libri ma che trasferito nella realtà farebbe scappare a gambe levate bambini e parenti di primo e secondo grado.
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Comunque ritroviamo il Pietro Gerber della Casa delle voci, uno dei romanzi che meglio rappresenta il celebre aforisma dello scrittore pugliese “Non conosci la paura finché non senti un colpo di tosse provenire da sotto il tuo letto”….questo chiaramente, aggiungo io, se non tieni qualcuno prigioniero, legato e imbavagliato, sotto il letto, nel qual caso eventuali colpi di tosse dell’ostaggio sarebbero da considerarsi del tutto irrilevanti.
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Senza troppo entrare nel merito e meno che mai spoilerare il buon Gerber viene interpellato per cercare di capirci qualcosa su Nico, un bambino scomparso per circa otto mesi insieme alla madre e appena ritrovato.
Il bambino non parla e non sembra ricordare nulla, si pensa quindi di ricorrere all’ipnosi e chi meglio di Gerber considerato il miglior ipnotista ( non che esista una vera e propria graduatoria ma più o meno tutti lo riconoscono come tale) di Firenze e zone limitrofe?
E l’ipnotista riesce nell’intento, trova in sostanza la chiave per comunicare con Nico ma, sorpresa, la storia che il bambino racconta sembra appartenere ad un’altra persona.
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Non è il miglior Carrisi di sempre, questo lo dico per sgombrare il terreno da eventuali equivoci, e peraltro lo scrittore nemmeno pare sforzarsi più di tanto per connettere La casa senza ricordi all’episodio precedente, pochi e insufficienti i riferimenti, insomma se non hai letto La casa delle voci e, soprattutto, se non lo hai stampato bene in mente, il rischio di entrare in un vicolo cieco è altissimo, tanto più che non c’è neppure un vero finale e si rimanda tutto, presumo, al terzo romanzo, La casa delle luci, uscito l’anno scorso.
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E non è neppure, secondo me, il Carrisi ideale con cui cominciare, in tal senso La ragazza nella nebbia e, a ruota, il ciclo di Mila Vasquez rimangono i più indicati per entrare nell’universo letterario dello scrittore nato a Martina Franca.
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Tuttavia occorre tenere conto che le parole sequel e prequel con Carrisi assumono un significato particolare, gli stessi cicli tendono a non chiudersi lasciando spesso spazio a nuovi interrogativi.
La sola certezza, almeno nei romanzi con protagonista Pietro Gerber, è che Carrisi batte parecchio sul tasto dell’ipnosi, delle interpretazioni e delle rivelazioni dei sogni, e dell’incomunicabilità fra il mondo dei bambini e quello degli adulti.
“Nessuno è disposto a credere alle storie dei bambini”
“Perché a volte i bambini nascondono verità agghiaccianti “
Due frasi, staccate ma collegate fra loro, che forse rendono perfettamente il concetto dell’incomunicabilità.
Lettura ovviamente consigliata a chi di Carrisi ha già letto tanto, meno, molto meno, a chi desidera iniziare a conoscerlo.
Da parte mia mezza stella tolta per alcuni passaggi sulla cui credibilità è lecito dubitare, vero che, come recita una nota finale, le pratiche ipnotiche presenti sono effettivamente utilizzate nelle terapie, ma davvero in alcune pagine la dose di sospensione d’incredulità che si richiede al lettore va ben oltre quella che il genere thriller è in grado di consentire.
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