Il manoscritto – Franck Thilliez – Fazi

Il manoscritto. Léane Morgan è considerata la regina del thriller, ma firma i suoi libri con uno pseudonimo per preservare la propria vita privata, che ha subito un profondo sconvolgimento: sua figlia Sarah è stata rapita quattro anni prima e la polizia ha archiviato il caso come omicidio a opera di un noto serial killer, pur non essendo mai stato ritrovato il corpo della ragazza. Dopo la tragedia, del suo matrimonio con Jullian non è rimasto che un luogo, la solitaria villa sul mare nel Nord della Francia che Léane ha ormai abbandonato da tempo; ma quando il marito viene brutalmente aggredito subendo una perdita di memoria, lei si vede costretta a tornare in quella casa, carica di ricordi dolorosi e, adesso, di inquietanti interrogativi: cosa aveva scoperto Jullian, perso dietro alla ricerca ossessiva della verità sulla scomparsa della figlia? Intanto, nei dintorni di Grenoble, viene ritrovato un cadavere senza volto nel bagagliaio di una macchina rubata: potrebbe forse trattarsi di un’altra vittima del presunto assassino di Sarah. Le intuizioni del poliziotto Vic, dotato di una memoria prodigiosa, permetteranno di incastrare alcuni tasselli del puzzle, ma altri spaventosi elementi arriveranno a confondere ogni ipotesi su una verità che diventa sempre più distante, frammentaria e, inevitabilmente, terribile.

RECENSIONE

Il mio rapporto con questo romanzo ha radici antiche:
Dicembre 2019 (forse antiche ho esagerato), mi trovavo alla Nuvola dell’Eur per visitare la Fiera della Piccola e Media Editoria e nel tentativo di porre un freno ad una sonnolenza di minuto in minuto più accentuata m’imbucai in una saletta dove, assieme ad un manipolo di strappati brutalmente al divano di casa come il sottoscritto, ebbi modo di assistere alla presentazione del Manoscritto di Thilliez.
Fu una conferenza a tutto campo in cui l’autore francese, al netto di qualche sbadiglio possente proveniente dalla ristretta platea, parlò di sé, del romanzo, dei suoi colleghi connazionali, e della capacità di questi, nonché della sua, di scrivere thriller non strettamente legati agli schemi classici del genere.
Alla fine non mi unii al piccolo codazzo di acquirenti del libro in attesa dell’autografo di rito, un po’ perché era giunta l’ora di pranzo e dovevo ancora recuperare mia moglie (o lei recuperare me che è più probabile) ma soprattutto perché il libro autografato non è mai stato uno dei miei sport preferiti, troppo costoso per giunta.
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Siamo nel 2023 e recandomi in biblioteca decido di prendere in prestito proprio Il manoscritto e quando lo apro mi rendo conto che trattasi di copia autografata dall’autore nel 2019.
Caso? Destino? Doveva andare così?
Magari chissà da dove proviene e di sicuro l’autore in quell’anno sarà stato protagonista di un tour di presentazione del romanzo nel nostro paese, ma in fondo mi piace pensare che sia stato acquistato in quella saletta quel giorno in cui ero presente anch’io e spinto dalla forza dell’ineluttabilità sia giunto fino a me.
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E dopo quest’incipit francamente inutile passo a parlare del romanzo dove l’incipit (L’incipit e non la prefazione, attenzione! Con la prefazione entriamo in un mondo a parte del quale parlerò dopo, forse) è assolutamente importante e, soprattutto, crea discrete aspettative.
Ci troviamo all’interno di un libro nel libro, quelli bravi direbbero metaromanzo, il narratore infatti spiega di essere entrato in possesso di un manoscritto del padre defunto, acclamato autore di thriller, che però ha lasciato scoperto il finale che dovrà quindi essere, ovviamente, appannaggio del figlio.
La protagonista del romanzo è anch’essa una scrittrice, Lèane, che firma i suoi lavori con uno pseudonimo, la cui figlia è rimasta vittima di un serial killer e tutto ciò naturalmente ha sconvolto la vita dei genitori tanto più che l’operato del serial killer sembra ricalcare un romanzo di Lèane.
In pratica un libro nel libro nel libro, un intreccio abbastanza tipico di Thilliez.
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Essendo già nella trama presenti diversi spoiler non ne aggiungerò altri e mi limiterò a rispondere alla fatidica domanda che in questi casi qualsiasi lettore di thriller farebbe:
Vale la pena leggere Il manoscritto?
Si vale la pena soprattutto se leggendo storie di omicidi parecchio efferati poi la sera non siete costretti ad addormentarvi con la luce accesa e rannicchiati sotto le coperte col timore che il serial killer del romanzo decida di venire a popolare i vostri sogni.
Insomma se avete una discreta tendenza a farvela sotto lasciate perdere, ci son cose molto meno truculente in giro in questo periodo.
Se invece amate il genere, o più semplicemente vi sentite l’animo impavido, il gioco vale decisamente la candela anche perché Thilliez adora disseminare indizi lungo tutta la narrazione, peccato che io non ne abbia colto uno che fosse uno ma anche questo è un po’ un classico.
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E veniamo ad un’altra domanda non meno fondamentale a parer mio:
Com’è meglio approcciare Il manoscritto?
Personalmente suggerisco tre metodi:
Il primo è la lettura in lingua originale perché in questo romanzo sono fondamentali il finale (come in tutti i thriller) ma anche la prefazione (ecco che ci siamo arrivati) e leggendoli in italiano ( nonostante gli sforzi profusi nella traduzione) il rischio di non capirci niente (come il sottoscritto) è piuttosto elevato.
Se però non sapete il francese (eccomi presente!) esiste un’alternativa ovvero cercare di trovare la soluzione bella e pronta sul web, ma in questo caso massima attenzione nelle scelta dell’opzione da selezionare perché ci sono in giro degli spiegoni riguardanti il finale de Il manoscritto che sembrano rinvigorire la scuola di pensiero tendente ad affermare come l’abolizione dei manicomi fu una scelta tutto sommato affrettata.
Il terzo è il metodo in un certo senso più comodo e che personalmente prediligo, consiste nel leggere in italiano e scegliere alfine di crogiolarsi belli paciosi nell’ignoranza (sempre come il sottoscritto).
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Thilliez secondo me è un ottimo scrittore di genere, uno dei migliori attualmente su piazza.
Ha questa convinzione sanguinosa, probabilmente dovuta al suo essere anche un ingegnere, che i lettori debbano decriptare i finali per poterli capire.
Se si riesce ad entrare in questo meccanismo perverso potrebbe trattarsi di una lettura da quattro stelle.
Se invece lo si approccia come ho fatto io non si va oltre le tre e mezzo ma qualche volta occorre sapersi accontentare.
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