Il canto di Calliope – Natalie Haynes – Sonzogno

 

Il canto di Calliope. Una donna sola corre nella notte, intorno a lei la sua città che brucia. Fuori dalle mura, la regina e altre sventurate attendono un destino che verrà deciso dai vincitori. È la caduta di Troia. Dieci interminabili anni di guerra sono giunti alla tragica conclusione, mentre le avventure dei protagonisti andranno a ispirare, nei secoli a venire, le opere di artisti e scrittori. «Cantami o Musa» invoca il sommo poeta Omero, che ha raccontato le gesta degli eroi. Ma Calliope, musa della poesia epica, questa volta è meno accomodante: è convinta che non tutto sia stato narrato, che qualcosa di fondamentale, legato alle figure femminili, manchi ancora per completare l’affresco. Se il bardo vuole che lei canti, allora lei canterà insieme a tutte le donne coinvolte nella grande tragedia. Dando voce a ciascuna di loro, Calliope prende in mano la storia e ce la racconta da una nuova prospettiva. Ecco Andromaca, Cassandra, Pentesilea, Clitennestra, che vengono alla ribalta, con i loro pensieri, con i complicati risvolti psicologici delle loro scelte, con la sete di vendetta, la solitudine, la dignità di fronte alla morte. E poi tutte le altre, da Penelope a Briseide, da Creusa a Ifigenia, dalle troiane che, vinte, saranno rese schiave, alle greche che attendono il rientro dei loro uomini, senza dimenticare le capricciose divinità che governano le sorti dei mortali. Attingendo alle fonti antiche, anche le meno note, Natalie Haynes rivisita una delle più grandi narrazioni di tutti i tempi, facendoci palpitare di commozione accanto alle leggendarie eroine, e trasmettendoci il sentimento vivo di come la guerra di Troia e la sua epopea appartengano alle donne non meno che agli uomini.

 

RECENSIONE

 

Francamente sono e rimango molto scettico su questo recupero della mitologia ricopiata qua e là da testi diversi e riproposta in chiave simil gossip come in Circe, oppure in una versione politicamente corretta come nel caso della Haynes.
Tuttavia ho riscontrato una differenza abissale fra i due romanzi e decisamente a sfavore di Madeline Miller.
Circe mi è sembrato essenzialmente un fumettone dove per spiegare come la maga iconica per eccellenza fosse ben più, la si è fatta passare per una sorta di Pollon combinaguai che alla fine non potendo avere per se Ulisse finisce per ripiegare su Telemaco, unendosi in buona sostanza col figlio dell’uomo da cui aveva avuto un figlio…manco in Beautiful s’erano spinti a tanto.
Il canto di Calliope pur essendo anch’esso una riscrittura del mito, insegue almeno intenti nobili ovvero portare alla ribalta le donne dell’Iliade e non, perché alcune come Polissena non figurano nel poema omerico ed altre come Pentesilea ne sono state probabilmente estromesse prima di giungere a noi.
L’operazione, almeno a mio modo di vedere, riesce abbastanza, e senza nemmeno dover calcare troppo la mano sui vari Agamennone, Menelao, e compagnia cantante.
Davvero numerose le figure femminili prese in esame in Il canto di Calliope, Penelope è quella che maggiormente mi ha colpito.
Ho trovato per alcuni versi sublime la scelta della Haynes di evidenziare la, ovviamente presunta, vena umoristica della moglie di Ulisse.
E del resto cosa meglio dell’ironia poteva contraddistinguere Penelope per darle la possibilità di controbilanciare un personaggio del carisma di Odisseo, ad oggi il solo ed universalmente riconosciuto esempio di uomo multitasking.
Anche la Cassandra della Haynes mi è sembrata notevole ma certo nello specifico era più semplice trattandosi di un personaggio che si è avvalso di molte caratterizzazioni letterarie.
Come poi restare indifferenti davanti alla dignità di Polissena, ai sensi di colpa di Pentesilea, alla complicità femminile fra Briseide e Criseide che oggi forse definiremmo sorellanza, all’impercettibile felicità colpevole di Andromaca, alle lacrime d’amore di Laodamia…se esiste un copyright delle farfalle nello stomaco le appartiene di diritto.
Al solito, come spesso avviene, nell’epica chi ne esce con le ossa fracassate sono gli dei, o le dee in questo caso.
La disputa relativa alla mela fra Giunone, Minerva, e Venere ci appare davvero come una di quelle gazzarre di quart’ordine che periodicamente vanno in scena all’Isola dei famosi.
In definitiva Il canto di Calliope è lettura d’evasione da prendere in considerazione nella consapevolezza che non siamo al cospetto di alta letteratura.

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