Perchè hai paura? – Jerome Loubry – SEM
Perchè hai paura? 1986, Normandia. Sandrine Vaudrier, una giovane giornalista, apprende che la nonna materna Suzie, che non ha mai conosciuto, è morta e le ha lasciato in eredità tutti i suoi averi. Deve svuotare la sua casa, dove viveva da sola, su un’isoletta poco distante dalla costa atlantica. Quando arriva sull’isola, grigia e fredda, Sandrine scopre che è abitata solo da quattro anziani organizzati quasi in un’autarchia. Tutti descrivono sua nonna come una persona cordiale e affascinante. Tuttavia, l’atmosfera è strana in quel luogo… In poche ore, Sandrine si rende conto che gli abitanti nascondono un segreto. Qualcosa o qualcuno li terrorizza. Ma allora perché nessuno di loro lascia mai l’isola? Cosa è successo ai bambini del campo estivo chiuso nel 1949? Chi era veramente sua nonna? Sandrine verrà ritrovata pochi giorni dopo, a vagare su una spiaggia, con i suoi vestiti coperti di sangue che non è suo…

RECENSIONE

Metodo pratico per scrivere un thriller psicologico a regola d’arte:
Il metodo ovviamente non è il mio,  altrimenti a quest’ora stavo da Feltrinelli a firmare copie e non in cucina a sorseggiare un decaffeinato, ma del buon Jerome Loubry che, seppur penalizzato da una traduzione del titolo in italiano di quelle perseguibili penalmente, ha confezionato questo romanzo la cui lettura mi permetto di suggerire, quanto meno agli amanti del genere.
Il mistero per cui l’originale I rifugi (Les refuges) sia diventato Perché hai paura? è di quelli davanti ai quali pure Sherlock Holmes e Watson alzerebbero bandiera bianca.
I rifugi, non credo di spoilerare affermandolo, ha il suo bel significato che tutti, leggendo il libro, possiamo comprendere.
Perché hai paura? (rigorosamente col punto interrogativo) non ha nessun senso e soprattutto nessun legame con la storia se non nella mente contorta del traduttore (e nella scontatissima equazione thriller uguale paura ma vabbè).
Venendo al romanzo (naturalmente dopo questa filippica mi guarderò bene dal ripeterne il titolo) si tratta di un thriller psicologico con i fiocchi, nella migliore tradizione francese del genere (Lemaitre, Thilliez), strutturato su diversi piani temporali e di quelli che “ingannano” il lettore prospettandogli una facile soluzione che però andando avanti nella lettura si mostra sempre meno facile.
Al centro del romanzo la mente umana, con tutti i contorsionismi che è possibile mettere in atto per nascondere la realtà dei fatti avendo tuttavia cura di disseminare lungo il percorso delle piccole “boe” di verità assolutamente non semplici da individuare.
Di trama naturalmente manco a parlarne, la stessa sinossi ufficiale rende pochissimo l’idea e d’altronde è giusto cosi… già avevano toppato il titolo mancava solo che spoilerassero di brutto nella sinossi.
Da leggere assolutamente, ovvio che il mio è un parere strettamente personale e va preso col beneficio d’inventario, peraltro gli argomenti affrontati sono parecchio delicati e,  specie quando i protagonisti sono i bambini, non sempre chi legge riesce a separare la finzione letteraria dal reale.
Se però cercate un thriller in grado di piegare ogni vostra certezza e di sorprendervi fino all’epilogo credo si possa dare una chance a Loubry.
E, soprattutto, diffidate di chi, parlando del romanzo in questione, sostiene di aver capito tutto già prima della metà, sono probabilmente millantatori che in vita loro avranno si e no risolto un paio di casi di Don Matteo.
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