Oltre l’impossibile – Katia Garzotto – Brè Editore

 

Oltre l’impossibile è molte cose: un’autobiografia, un atto d’accusa contro la malasanità, è lo sfogo di una madre che ha molto sofferto, è un grido. Aurora, la figlia di Katia, nasce con una malformazione che la rende invalida e lotta insieme ai neogenitori una battaglia durissima per la vita, tra incapacità, incompetenze, incuria. Per fortuna non è così dappertutto, c’è anche chi si prende a cuore con amore. Qui non c’è lieto fine, qui si piange davvero. Perché dunque scrivere? Per accusare? Ormai il danno è fatto e nessuno cerca vendetta o rivalsa. Per informare, quello sì, perché accadrà di nuovo, e i mezzi per evitare il dolore ci sono, dolorosi anch’essi, ma si tratta di sceglie tra dolore grande e dolore “piccolo”.

RECENSIONE

I temi affrontati in Oltre l’impossibile sono dolorosi. Non nascondo di essermi affezionata alla piccola Aurora che avrei voluto abbracciare fosse anche per un solo secondo.

Questa è una storia vera che affronta il dolore, la sofferenza, la paura, ma anche il racconto del coraggio di una mamma che pur essendo sempre stata considerata la più debole della sua famiglia d’origine, al momento opportuno ha saputo trasformarsi in una donna coraggiosa per affrontare chi non aveva rispetto  per lei e per il dolore causato ad Aurora spesso trattata come fosse un essere inanimato.

Questa mancanza di sensibilità e l’incapacità di comprendere che la bambina, pur se con gravissimi problemi, era un essere umano è quello che mi ha sconvolta maggiormente insieme a quella lacrima silenziosa che scendeva dall’occhietto e che era l’unico modo in cui manifestava il suo dolore. 

 

 

Alla bambina nata con la sindrome di Goldenhar, che tra le altre caratteristiche ha anche quella dell’encefalo privo del cervelletto e del ponte cerebrale, fu diagnosticata sin dalla nascita l’impossibilità di una vita lunga. Sette mesi di vita le furono attribuiti eppure nonostante questa sentenza la bambina grazie alle cure e all’amore della mamma ebbe la “forza” di resistere per tredici mesi. 

Gli ultimi mesi fatti di piccoli miracoli, sono un modo per godere dell’amore grande ed incondizionato dei genitori. Katia e Roberto in questa dolorosa esperienza vissuta sono sempre stati l’uno il sostegno dell’altra, il dolore li ha uniti.

Non sarà stato facile raccontare la propria storia, perchè la perdita di un figlio è un dolore che non si rimargina mai. Ammiro l’intento di Katia che ha voluto denunciare la malasanità unita alla burocrazia, incapaci di comprendere gli effettivi bisogni di chi sta male. Ho spesso sentito parlare di umanizzazione della sanità, ma fino a quando il personale sanitario non sarà capace di empatizzare e di immedesimarsi nell’altro e nei suoi bisogni, temo che la strada sarà ancora lunga.

 

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