Del dirsi addio – Marcello Fois – Einaudi

 

Del dirsi addio. Marcello Fois Un bambino di undici anni sparisce nel nulla in una Bolzano diafana. Intorno a lui, scheggiato e vivo, il mondo degli adulti, in cui nessuno può dirsi innocente e forse nemmeno del tutto colpevole. Al commissario Sergio Striggio per inciampare nella verità sarà necessario scavare a fondo dentro se stesso, ed essere disposto a una distrazione ininterrotta. A vivere appieno i sentimenti che prova, per una donna e soprattutto per un uomo. A stilare un elenco di cose bellissime. Ad accompagnare un padre ingombrante nel suo ultimo viaggio e a ripensarsi bambino. Perché solo imparando a cambiare punto di vista è possibile chiudere i cerchi e non farsi ingannare da un gioco di specchi.

Quando s’imbatte nel caso del piccolo Michele, scomparso dall’auto dei genitori in un’area di sosta senza lasciare traccia, il commissario Striggio sta attraversando un periodo piuttosto complicato. A casa, Leo vorrebbe che lui la smettesse di nascondere il loro amore, soprattutto al padre. E il padre, dal canto suo, sta per arrivare da Bologna con una notizia sconcertante. La sparizione di Michele – un bambino «speciale», dotato di capacità di apprendimento straordinarie e con seri problemi di relazione – è un ordigno destinato a far deflagrare ogni cosa. A riattivare amori, odii, frammenti di passato che ritornano: perché in gioco è soprattutto l’umanità, in tutte le sue declinazioni. E forse la soluzione può venire più facilmente proprio dalla dimensione interiore che dagli snodi di un’indagine tradizionale. Per questo, mentre indaga, il commissario vive, pensa, si distrae, si perde. Così gli altri intorno a lui. Perché Del dirsi addio Marcello Fois è un noir al calor bianco, tesissimo ma continuamente franto, interrotto dalla vita e dai pensieri di chi la sta vivendo, incentrato sui sentimenti e sulla capacità di riconoscerne la voce piú autentica. Fois scolpisce una galleria di personaggi tridimensionali e vivi: gli abitanti della sua storia si scoprono deboli e spesso bugiardi, capaci di rancore ma al contempo in grado di perdonare e di piangere le loro manchevolezze. Genitori, figli, fratelli, colleghi e amanti: tutti partecipi di un mistero che sta ben attento a nascondere la propria soluzione fino alle battute conclusive, quando Fois cala finalmente gli assi e rivela ancora una volta la sua grande tempra di narratore universale.

 

Recensione

“Era stranamente bella, Gea Ludovisi.
Una di quelle donne di cui si nota la bellezza solo dopo qualche minuto.
Aveva un modo di stare nel suo corpo che a prima vista poteva ingannare, essere scambiato per sciatteria, ma che, col tempo, esprimeva una specie di sobria classicità.”
Del dirsi addio Marcello Fois. Per chi ama le frasi ricercate senza essere banali, l’uso appropriato delle parole mai fine a se stesso Fois è un paradiso incantato in cui è delizioso perdersi. Poi, si certo, c’è un dettaglio non insignificante perché Del dirsi addio sarebbe un noir e leggendolo se ne trova proprio un cicinin. Insomma Del dirsi addio è un gran bel romanzo, in teoria se ti aspetti un noir ti andrebbe pure di lusso dal momento che c’è tanto di più ma allora perché non dirlo, e vabbè. Siamo in una Bolzano diafana, chiosa la sinossi, ed in effetti non è che vengano forniti troppi punti di riferimento sull’ambientazione… è inverno, c’è la neve ma, voglio dire, pure Rocca di Papa poteva essere però è Bolzano, c’è scritto. Sparisce un bambino di undici anni, proprio cosi, d’emblée, davanti ai genitori, sul fatto indaga il Commissario Sergio Striggio coadiuvato dalla vice Ispettrice Elisabetta Menetti.
Striggio è la quintessenza del poliziotto complicato, irrisolto, ha una relazione con Leo, un insegnante di scuola elementare, ma sembra far fatica ad accettarsi. Compare il padre, malato con pochi mesi di vita, e la situazione si complica ulteriormente in quanto Sergio teme che possa non entusiasmarsi all’idea di un figlio gay.
Allora pensa bene di trascorrere una notte con Elisabetta, magari con lo sciagurato  progetto di “usarla” presentandola al padre come la sua compagna.
Tutto ciò invece causa solo attriti con Leo che, ovviamente, non la prende benissimo e Sergio finisce pure per guastare il bel rapporto con Elisabetta che nel frattempo, un classico, si è innamorata di lui …insomma non è sicuro sia innamorata però inizia a guardarlo con l’aria di chi ha dipinta in faccia un’espressione sintetizzabile in due parole “che spreco”.
Ed il noir dov’è finito? Puff, sparito o quasi, nemmeno i genitori del bambino sembrano dannarsi troppo l’anima per cercarlo (il bambino, non il noir), e nel frattempo compaiono altri personaggi, un prete, la perpetua, un’altra insegnante e qualche poliziotto che pare rimpiangere i tempi in cui a Bolzano non accadeva nulla.
I temi trattati nel romanzo sono molteplici e tutti miscelati perfettamente, i protagonisti vengono caratterizzati puntigliosamente e siamo lontani anni luce dai personaggi bidimensionali che popolano tanta narrativa contemporanea.
Come detto Fois scrive magnificamente e non dà mai l’idea di essere lezioso, le citazioni sono spesso memorabili e i flashback puntuali nel definire meglio i protagonisti.
Non mancano passaggi gradevolmente tranchant come quello ai danni di Ken Follett:
“E la certezza che William Faulkner non riesca a sopportare tutt’oggi la coabitazione con Ken Follett negli scaffali delle librerie e delle biblioteche”.
Certo, se desiderate un noir fatto e finito il suggerimento è di rivolgersi altrove dando retta, se non a me, ad Alicia Gimenez-Bartlett che in quarta di copertina esordisce chiosando “Un giallo che non è un giallo”.
Se invece siete alla paziente ricerca di un bel romanzo, dove il noir sia poco più di un pretesto per analizzare i rapporti genitori-figli, marito-moglie, ma anche uomo-donna o uomo-uomo elaborando un’interessante teoria su come sia importante non tanto il dirsi addio quanto il come dirselo beh con Fois siete davvero arrivati al capolinea, e nell’accezione più positiva del termine.
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