Stirpe di navigatori. Oggi. Sara Terracini, impegnata in una lunga traversata a bordo del Williamsburg insieme al marito, l’inafferrabile Oswald Breil, riceve un singolare incarico: tradurre un antico diario rinvenuto in un monastero di Lisbona. A scrivere le proprie memorie è un grande navigatore italiano, dal cognome molto eloquente: Alessandro Terrasini. Lisbona, 1755. I viaggi tra Italia e Portogallo della Frelon, l’imbarcazione del capitano Terrasini, sembrano procedere con regolarità e con profitto, grazie all’accordo per il commercio delle stoffe stretto con padre Rafael de Alves. Ma un duplice, tragico evento cambierà per sempre il loro destino. Il grande terremoto di Lisbona rade al suolo la città, provocando morti e devastazione. E nel quadro di instabilità civile e politica che ne segue, qualcuno si muove nell’ombra per portare a compimento le proprie oscure trame. Alessandro, Rafael e la giovane contessina Elisa si troveranno al crocevia di uno scontro di potere ad altissimo livello, costretti a contrastare negrieri, criminali ed eminenze grigie per salvare la propria vita e la propria stirpe. Congo e Stati Uniti, anni Sessanta. Separati a causa di un attentato, i due fratelli congolesi Matunde e Kumi Terrasin sono costretti a lasciare la terra natia per sopravvivere. Matunde, provetto chitarrista e cantante, cambierà nome in Matt Under e raggiungerà la fama, ma la sua sfolgorante carriera di rockstar sarà interrotta dalla terribile guerra in Vietnam. Kumi trova momentaneo rifugio a Parigi e diventa uno dei protagonisti della stagione di proteste studentesche. Ma nessuno dei due può sfuggire a lungo agli inseguitori, da sempre sulle loro tracce, perché i due fratelli sono gli unici testimoni viventi di qualcosa di sconvolgente. Qualcosa che nessuno deve sapere. Oggi. Matt Under, fratello del neopresidente del Congo Kumi Terrasin, è stato rapito. E c’è soltanto un uomo che può salvarlo: Oswald Breil.
RECENSIONE
Acquistato usato ed in condizioni eccellenti, provvisto persino di dedica dell’autore con non meglio precisati auguri per una brillante carriera… evidentemente non diretti al sottoscritto per indubitabili ragioni anagrafiche che al massimo potrebbero essere propedeutiche ad una brillante carriera di osservatore dei cantieri stradali.
Ad ogni buon conto tredicesimo episodio della fortunata serie che vede protagonista la coppia Oswald Breil e Sara Terracini.
Qualcuno potrebbe chiedere, e chi saranno mai?
Per i pochi amanti del genere avventuroso che non dovessero conoscerli un breve sunto:
Oswald Breil è un ex agente e poi capo del Mossad, nonché vice ministro della difesa ed in seguito Premier israeliano.
Ad un certo punto della sua brillante esistenza (al cambio attuale dovrebbe avere un po’ più di sessant’anni) ha deciso di optare per il mare alla maniera dell’indimenticabile Manuel Fantoni di Borotalco di Verdone.
Breil però non s’imbarca su un cargo battente bandiera liberiana ma ha pensato bene di ristrutturare a sue spese (almeno nella finzione letteraria) nientepopodimeno che il Williamsburg ovvero lo Yacht presidenziale di Harry Truman.
Siccome gli eroi non proprio sempre son tutti giovani e belli, come recitava un vecchio adagio Gucciniano, Breil è affetto da una forma di nanismo che si aggiunge alla particolarità di non ricordare nelle fattezze l’Alain Delon di Borsalino.
Questo tuttavia non gli ha impedito di sposare la bellissima Sara Terracini, alta, lunghi capelli neri, gambe che non sfigurerebbero al cospetto della Marlene Dietrich dei tempi eroici (eh lo so, sono rimasto a Marlene Dietrich), fisico da modella…insomma una sorta di Monica Bellucci versione 2.0 (dico la Bellucci giusto per citare qualcosa di più recente).
A tutto ciò Sara aggiunge la caratteristica di essere una valente archeologa, elemento che, cosi a sentimento, non mi sembra appartenesse né alla Dietrich né, tantomeno, alla Bellucci.

La presenza di Oswald e Sara in pratica si limita al finale e ad alcune piccole apparizioni durante il romanzo, i veri protagonisti sono infatti dei parenti stretti di Sara collocati in due epoche precise della storia ovvero il 1755 anno del terremoto di Lisbona che rase praticamente al suolo la città e i primi anni sessanta dapprima in Congo durante il colpo di stato di Mobutu e in seguito negli Stati Uniti.
Nell’incipit Sara viene a trovarsi in possesso di un diario appartenente ad Alessandro Terrasini e risalente alla metà del 1700 e per saperne di più decide d’interpellare il neopresidente del Congo Kumi Terrasin, insomma tutto il parentado risulta sostanzialmente coinvolto.
In definitiva Buticchi sceglie di mettere in pausa pranzo Oswald e Sara (recuperandoli come detto soltanto nel finale) perché presumibilmente si è reso conto che dopo diverse avventure i due protagonisti iniziano a segnare un po’ il passo.
Personalmente ho trovato la seconda parte di Stirpe di navigatori, quella ambientata negli anni sessanta, assai più interessante della prima dove i fatti si svolgono nella Lisbona del settecento.
Non ho sentito particolarmente la mancanza di Breil e Sara anche perché onestamente Buticchi con i due aveva già allungato parecchio il brodo e, soprattutto, oltrepassato più che abbondantemente la sfera del credibile.
Va bene che siamo al cospetto di romanzi di avventura dove, come lo stesso autore ci avverte, l’invenzione narrativa non ha obblighi nei riguardi della realtà ma francamente vedere quest’omino ultrasessantenne alto un metro e mezzo menare le mani come Bruce Lee nei Tre dell’operazione Drago iniziava a diventare stucchevole.
Aggiungo che, come sempre con Buticchi, il tasso di leggibilità è altissimo e, se non si pretendono sprazzi di alta letteratura, l’intrattenimento è garantito.
