Il canotto insanguinato – Augusto De Angelis – Gilgamesh

Il canotto insanguinato. Sospettato di avere ucciso l’amante, viene fermato a Milano il giovane russo Ivan Andrejevich Kiergine. A Sanremo, in effetti, è stato ritrovato sulla spiaggia un canotto con una pozza di sangue, una borsetta con la cerniera di rubini e un impermeabile rosso, il tutto riconducibile alla sua fidanzata e a lui. L’uomo però nega la morte della donna, mostrandosi effettivamente disperato. Inizia così questa indagine in trasferta del commissario De Vincenzi che si svolge nel 1930 tutta tra il Casinò di Sanremo, locali discutibili e l’albergo Europa, dove il russo soggiornava da alcune settimane insieme alla giovane Paulette, la ragazza scomparsa. Delitto passionale o storia di spie? Il corpo di Paulette non si trova, ma nella camera 27 dell’albergo viene trovato cadavere un uomo, un giocatore incallito che nessuno sembra conoscere. Abbandonate le atmosfere nebbiose di Milano per la solare riviera ligure, De Vincenzi procede a tentoni, tra personaggi equivoci, la misteriosa Agnes e l’ambiguo Epaminonda che sembrano nascondere più di un segreto; e le cose si complicano quando in albergo viene sottratta a un gioielliere olandese una valigetta piena di diamanti. De Vincenzi è costretto ancora a spostarsi, là dove le tracce di Paulette sembrano perdersi: a Nizza, a Strasburgo, in Germania. Alle costole di un assassino, o di un intrigo internazionale.

RECENSIONE

Ho una vaga reminescenza di una serie televisiva degli anni settanta (allora usavamo chiamarli sceneggiati, bei tempi) in cui il grande Paolo Stoppa (attore tanto bravo quanto costretto molto spesso ad interpretare personaggi non simpaticissimi) dava il volto al Commissario De Vincenzi nato appunto dalla valente penna di Augusto De Angelis.
Tutti i suoi romanzi furono pubblicati nel periodo fascista e questo purtroppo ne decretò la disgrazia ed in seguito anche la morte, è notorio come il regime fosse contrario ad articoli di giornale e libri che raccontassero crimini sia reali che frutto d’invenzione narrativa.
Nel tempo i romanzi di De Angelis, che avevano peraltro riscosso un buon successo quando lo scrittore era ancora in vita, vennero più volte riscoperti e già il fatto che continuino ad esser letti dopo quasi un secolo dovrebbe garantirne la qualità.
Il canotto insanguinato è un giallo classico dove la parte descrittiva, come ovviamente quella relativa all’indagine, ricopre un ruolo preponderante.
Si tratta di una storia assolutamente autoconclusiva, fortunatamente i finali aperti negli anni trenta erano ben al di là da venire.
Naturalmente non siamo in presenza di trame sanguinolente, la chiazza rossa sul canotto è il massimo che ci viene concesso in tal senso, e non è un male aggiungerei.
Abbiamo modo di apprezzare l’abilità dello scrittore nel confezionare un intreccio credibile e non privo di una discreta complessità, certo a volte il linguaggio utilizzato suona non proprio attualissimo ma è normale quando leggiamo pubblicazioni di oltre ottant’anni fa.
Personalmente ho apprezzato anche la duplice ambientazione Sanremo-Costa Azzurra, l’interazione fra De Vincenzi (che opera solitamente a Milano) e i colleghi di altri commissariati, interessante il personaggio del russo Kiergine e provviste del giusto alone di mistero tutte le figure femminili.
In definitiva una buona lettura ma soprattutto l’occasione di ritrovare (tempo fa avevo già letto Il banchiere assassinato) un autore eccellente che a ragion veduta può essere considerato una sorta di precursore del giallo italiano.
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